Il 26 novembre avrà luogo a Roma la manifestazione nazionale contro la violenza sulle donne Non Una Di Meno.
Un tema ampio, che ha richiesto un grandissimo lavoro per organizzare una manifestazione il più possibile inclusiva. Purtroppo, l’ampiezza del tema e il tentativo di trovare una sintesi, hanno portato a un risultato che non possiamo condividere.
Il tentativo di trovare punti di contatto è stato un tentativo certamente lodevole, ma il cui risultato è stato quello di mettere in discussione alcuni punti fondativi del movimento, minandone l’identità e quindi l’unità.
In particolare ci riferiamo alla partecipazione alla manifestazione del movimento pro-prostituzione.
Il riconoscimento delle donne in quanto soggetti e non oggetti sul mercato è il cuore del femminismo, la famosa idea radicale che le donne sono persone. Con questa manifestazione noi donne rivendichiamo la nostra libertà, il nostro diritto di essere considerate persone, di avere un nostro spazio e una nostra rappresentanza, di non essere discriminate sul lavoro, di vedere garantito il nostro diritto alla salute… e insieme a tutto questo il diritto di prostituirci. Una manifestazione che doveva essere di denuncia e di protesta contro la violenza sulle donne, porta con sé una rivendicazione della libertà di vendersi come prodotti.
Questa partecipazione di attivist* pro-prostituzione sta distruggendo il movimento dall’interno, portando aggressività e violenza proprio lì dove si voleva combatterle, eppure in nome di un principio di inclusività a tutti i costi – che però non vale per le vittime della tratta, che rifiutano di partecipare accanto a chi porta vanti istanze MRA (men’s rights activists), e allora restano fuori senza rimpianto – stiamo permettendo che questo succeda.
Prendiamo atto con grande amarezza che larga parte della manifestazione porterà avanti istanze che consideriamo assolutamente incompatibili con il movimento femminista, fortemente danneggianti del movimento stesso e soprattutto delle donne.
Per questo motivo, pur restando intatto il nostro sostegno a chi porterà lo spirito e gli argomenti con cui la manifestazione del 26 novembre è nata, noi di Bambole Spettinate e Diavole del Focolare non parteciperemo.
Penso che la tratta di persone sia altro dalla scelta individuale di prostituirsi, non come MRA (?) ma come diritto individuale a disporre di sè stessi.
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Purtroppo è praticamente impossibile distinguere i due fenomeni (uno alimenta l’altro, la regolamentazione del sex work diventa lo smalto legale sotto il quale la tratta fiorisce), ammesso che si possa considerare libertà disporre di sé come prodotto o della propria sfera sessuale come servizio.
Ti invito a leggere questo nostro articolo per capire meglio cosa intendo.
https://bambolediavole.wordpress.com/2015/06/05/a-che-punto-e-la-notte-il-fallimento-del-tentativo-di-regolamentazione-della-prostituzione-in-germania-e-in-olanda/
A presto, Giulia
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(mi scuso, ma riesco a rispondere solo ora)
Ma Germania ed Olanda non sono le uniche, anche se forse son le più conosciute o comunque le più citate. In Scandinavia son riusciti a far anche di peggio.
Però in Nuova Zelanda sembra funzionare decisamente meglio.
E comunque la libertà di fornire un qualunque servizio e soprattutto di disporre di sè, a mio parere non è minimamente in discussione. Qualunque salariato fornisce il proprio tempo e lavoro, indossatori/trici e fotomodelli/e mettono a disposizione anche il proprio corpo, chi stabilisce il limite?
(traduzione al volo della conclusione della relazione:
http://www.justice.govt.nz/policy/commercial-property-and-regulatory/prostitution/prostitution-law-review-committee/publications/plrc-report/report-of-the-prostitution-law-review-committee-on-the-operation-of-the-prostitution-reform-act-2003
Rapporto PLRC – Conclusione e Future verifiche
Il PRA (Prostitution Reform Act 2003) è in vigore da cinque anni. Durante questo periodo, l’industria del sesso non è aumentata di dimensioni, e molti dei mali sociali previsti da alcuni che si sono opposti alla depenalizzazione dell’industria del sesso non hanno avuto luogo. Nel complesso, il PRA è stata efficace nel raggiungere il suo scopo, e il Comitato è convinto che la stragrande maggioranza delle persone coinvolte nell’industria del sesso sono meglio sotto il PRA di quanto non fossero in precedenza.
Tuttavia, i progressi in alcuni settori sono più lenti di quanto si sperava. Molti lavoratori del sesso sono ancora vulnerabili a condizioni di lavoro di sfruttamento, e ci sono ancora segnalazioni di lavoratori di sesso di essere costretti a prendere i clienti contro la loro volontà. Tuttavia, è incoraggiante notare che la maggior parte dei lavoratori del sesso contattati durante la ricerca per questa relazione sono consapevoli del loro diritto di dire ‘no’, e che il comportamento di alcuni operatori bordello a questo riguardo è migliorata dopo l’emanazione del PRA.
E ‘un dato di fatto che le tradizioni e gli atteggiamenti sviluppati nel corso di molti anni, non possono essere modificate durante la notte. Il Comitato riconosce che resta disapprovazione e disgusto di alcune persone per le persone che lavorano nell’industria del sesso e la sfiducia e il sospetto diretto verso le autorità da parte di alcune persone nell’industria del sesso. In questo clima, il Comitato ritiene che un periodo di costruzione di relazioni, sarà necessario prima che i diritti e le responsabilità di coloro che sono nell’industria del sesso si realizzino pienamente. Le persone che lavorano nell’industria del sesso, e coloro che lavorano nelle organizzazioni che si occupano con l’industria del sesso, hanno bisogno di fare sforzi positivi di lavorare insieme. Le raccomandazioni in questo rapporto riflettono questa visione.
Il Comitato non ritiene ulteriore riesame del funzionamento del PRA è necessario in questa fase. Tuttavia, poiché l’attuale revisione è stato intrapreso un periodo relativamente breve dopo la depenalizzazione, e perché alcuni dei cambiamenti previsti nel settore hanno tardano ad attuarsi, il Comitato è del parere che una valutazione dell’impatto del PRA deve essere effettuata in una data successiva. Entro il 2018, quindici anni dopo la sua entrata in vigore, l’impatto a lungo termine del PRA sarà molto più chiaro. Tale revisione dovrebbe includere una valutazione se il PRA può raggiungere il suo scopo, se le conseguenze non si sono verificate (in positivo o negativo), e se il PRA richiede modifiche.
La ricerca fatta per la revisione della commissione e la relazione può fungere da dati di base per ogni futura revisione. Le raccomandazioni del Comitato per quanto riguarda il monitoraggio continuo del numero di lavoratori del sesso in Nuova Zelanda (vedi capitolo due) faciliteranno inoltre ogni ulteriore valutazione dell’impatto del PRA.
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Il problema sta proprio in quel “disporre di sé” come servizio, che tra parentesi fa il paio con gli argomenti a favore della maternità surrogata.
E’ l’argomento patriarcale per eccellenza: la libertà delle donne sta nel mettere a disposizioni servizi sessuali e riproduttivi.
Quanto ai limiti, ti rimando ad altre due letture:
https://bambolediavole.wordpress.com/2015/12/18/i-figli-non-si-pagano-ne-si-regalano-e-le-donne-non-si-affittano-due-opinioni-sulla-maternita-surrogata/
http://www.lucalovisolo.ch/italia/vendola-me-ne-frego.html
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Non vi posso assolutamente dare torto, anzi, siete state veramente concise ed esaustive allo stesso tempo spiegando le vostre motivazioni per non andare.
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