Marta Perego è una giornalista, autrice e conduttrice televisiva. Sin dagli inizi della sua carriera si è occupata di cultura, arte e spettacolo: dal 2013 ha dato vita al programma settimanale Adesso cinema, con approfondimenti sui film in uscita, speciali dai principali festival cinematografici e interviste con i grandi protagonisti del cinema mondiale. Attualmente collabora, tra gli altri, con Mediaset-Iris, La5, Supercinema e TGcom24 e LaF, dove racconta il mondo culturale italiano.
Il 30 Aprile è uscito nelle librerie il suo libro, Le grandi donne del cinema, edito da De Agostini.

Con lo sguardo appassionato di una vera cinefila, Marta Perego racconta le storie di trenta star indimenticabili, mettendo in luce gli snodi più significativi e i retroscena meno noti della loro carriera cinematografica, e soprattutto i momenti in cui si sono esposte e messe in gioco per affermarsi come attrici e come donne: Audrey Hepburn, Ingrid Bergman, Vivien Leigh, Anna Magnani… E ancora Kate Winslet, Emma Watson, Jennifer Lawrence, Valeria Golino. Che cosa hanno in comune queste donne così diverse tra loro? Un talento speciale, l’adorazione dei fan, una carriera strepitosa, storie d’amore che hanno fatto sognare. Ma anche dolori segreti e sacrifici nascosti all’occhio dei media, la forza di non scendere a compromessi, l’impegno civile o umanitario, la determinazione nel tracciare la propria strada in un ambiente dominato, di fatto, dagli uomini. Ciascuna di loro, a suo modo, ha lasciato – o sta lasciando – un segno sia per i ruoli che ha interpretato sia per le scelte nella vita privata. Rifiutandosi di essere solo icone di bellezza e stile, o muti oggetti del desiderio, hanno rivendicato il diritto di essere se stesse, anche con le loro contraddizioni e fragilità, e hanno aperto la strada a nuove idee e modelli di femminilità. Diventando punti di riferimento per generazioni di ragazze che sono cresciute ispirandosi a loro.
La raccolta è una piacevole e scorrevole lettura, accompagnata dalle illustrazioni di Marta Signori.
Abbiamo avuto il piacere di intervistare l’autrice e di porle delle domande riguardanti il suo libro e il mondo del cinema. Di seguito l’intervista:
Nell’introduzione parla dei due poteri del cinema: la “sospensione dell’incredulità” e quello che forse più conosciamo del “principio di identificazione”: sono attribuibili anche alle vite di alcune attrici protagoniste del libro? In quale misura? Ci può fare qualche esempio? Ci sono vite così straordinarie tra quelle da lei proposte che potremmo definire “da cinema”?
«Certo! Le vite di queste donne fuori e dentro il grande schermo ci hanno fornito degli esempi, uno diverso dall’altro. Sono tante le “vite da cinema”, una che mi piace molto è Hilary Swank che da ragazzina ha vissuto per un periodo in automobile con la madre e a mano a mano, provino dopo provino, rifiuto dopo rifiuto (è stata rifiutata per Beverly Hills 90210 per esempio) è arrivata sul grande schermo e poi direttamente agli Oscar. Era il 1999 e il film era il bellissimo Boys Don’t Cry che le ha aperto le porte per Million Dollar Baby con Clint Eastwood. Altre “vite” che mi hanno appassionata sono quelle di Katharine Hepburn, Monica Vitti, Bette Davis».
A parte attrici come la Watson, molto seguita anche sui social, crede che anche altre donne qui raccontate siano in grado di essere un esempio per le ragazze di oggi? In altre parole, il cinema da solo può inspirare nell’epoca dei social network?
«Certo, lo è, forse all’ennesima potenza e in maniera completamente diversa da quanto lo è stato fino ad ora. Oggi le ragazze vengono ispirate dai personaggi, pensate per esempio a Daenerys Targaryen, Katniss Everdeen di Hunger Games. Le vite sullo schermo ispirano di più delle vite private, che forse ci interessano meno perché il concetto di divismo è cambiato. Una volta per vedere e conoscere le grandi dive dovevamo aspettare i festival, gli speciali sui giornali, era tutto più misterioso. Oggi le attrici si raccontano sui social e si presentano sempre più come “ragazze normali”.
Questo libro l’ho scritto proprio per le ragazze più giovani perché potessero conoscere ed appassionarsi alle storie di chi è stata ragazza tanti anni fa che credendo nei suoi sogni, con tenacia e determinazione, in maniera diversa l’una dall’altra ce l’ha fatta».
A chi è rivolto questo libro? Immaginava un preciso target di lettori? Spesso i libri scritti da donne e con protagoniste femminili sono immediatamente catalogati come “lettura rosa”; crede che questo valga anche per il suo libro o pensa che il cinema possa aiutare ad attrarre anche un pubblico maschile?
«Come dicevo il mio target sono le ragazze di 20/25 anni, ma è un libro dedicato a tutti. Uomini e donne appassionati di storie e che vogliono conoscere il cinema».
Ci sono delle caratteristiche che accomunano tutte le attrici presenti nel libro?
«Libertà, tenacia, coraggio».
Se dovesse scegliere una fra le tante donne che ha proposto nel suo libro, quale sceglierebbe e perché?
«Le amo tutte ma sono innamorata pazza di Katharine Hepburn e Carrie Fisher.. per scoprirlo leggete “Le grandi donne del cinema”».
La Disney oggi propone principesse o personaggi femminili che non aspettano l’arrivo del principe azzurro. Si salvano da sole, combattono per i propri ideali. Non ci scandalizziamo se sono presentate come le eroine del film. Ma non è sempre stato così, in passato ci hanno proposto principesse del tutto diverse, con caratteristiche più vicine agli ideali dell’epoca. Incapaci e passive, sempre in attesa dell’uomo che le togliesse da guai dando loro l’agognato lieto fine: il matrimonio. A volte queste principesse, con le loro storie anacronistiche, ritornano. Cosa ne pensa a riguardo?
«Io credo che oggi la classica commedia romantica con l’happy end (che tra parentesi io ho sempre amato molto) sia fuori moda. Pensa a La la Land e al suo finale amaro. Viviamo in una società dove l’ego ha surclassato ogni forma di ideale, e si cerca di ripartire più che dall’amore dalla solidarietà. Tra donne, tra persone che credono nelle stesse cose».
Nel cinema si lamenta un’assenza di ruoli femminili di rilievo, i film ruotano troppo spesso intorno alle figure maschili. Che ne pensa a riguardo?
«Che è vero, per le donne non è mai stato facile, ma il mio libro parla proprio di questo, di come i ruoli femminili forti ci siano sempre stati anche grazie ad attrici coraggiose e determinate che non si sono adattate a quello che Hollywood o la società voleva imporgli ma sono diventate loro le protagoniste delle loro storie.
Oggi abbiamo sempre più super eroine, sempre più guerriere. Vorrei vedere più donne vere».
Per sopperire a questa mancanza di figure femminile, a volte, vengono inseriti dei personaggi che poco hanno a vedere con la storia. Pensiamo per esempio a Tauriel all’interno dello Hobbit, nell’omonimo libro il suo personaggio non esiste; o al reboot del film Ghostbuster, dove le acchiappafantasmi scimmiottano i loro predecessori. Ha senso, secondo lei, accontentare la richiesta del mercato inserendo dei personaggi femminili che al fine della storia risultano inutili e fuori luogo? Secondo lei, agendo in questo modo, non si va ad alimentare e creare lo stereotipo di una donna che per essere qualcuno deve cercare di imitare un uomo nei modi di fare e di essere?
«A volte sì, succede. Ma ci sono anche casi virtuosi, vedi Captain Marvel o Wonder Woman».
Parliamo di aspetto fisico. Nel libro racconta la vita di Charlize Theron e il suo essere un’attrice multiforme e scrive: “bella com’è, dovrà dimostrare, forse più di altre, la propria bravura.” Di Bette Davis, invece, riporta una frase detta da Jack Warner: “ Hai il fascino di Stanlio e Ollio messi insieme, ma ti prendo per il tuo talento”. Quanto sono importanti, secondo lei, per un’attrice la sua avvenenza, bellezza e aspetto fisico? Quali sono le caratteristiche che rendono una donna un’attrice di successo?
«Dipendono da caso a caso. In generale è un mix di fattori: bellezza, tenacia, determinazione, timidezza, intelligenza. Ci sono tante donne intelligenti nel mio libro. Anzi, probabilmente tutte».
Oggi il cinema propone personaggi femminili che abbandonano lo stereotipo della donna debole, bisognosa di aiuto e incapace. Non crede, però, che ne stia abbracciando un altro, ovvero quello che prevede esclusivamente una donna forte, combattente, guerriera e che scimmiotta lo stereotipo dell’uomo virile? O pensa che esista un equilibrio?
«A me che colpisce, sul grande schermo e fuori, è l’incontro tra fragilità e forza. Cadere e rialzarsi, superarsi, migliorarsi. Ma non nascondere i propri limiti. Come dice Cate Blanchett “siamo fatti delle nostre imperfezioni”. Non dimentichiamocelo mai».