Le ultime perversioni del femminismo [Traduzione di Irene Starace]

EVITIAMO LE POLEMICHE INUTILI: ci rendiamo conto che l’articolo si presta a infelici generalizzazioni. Precisiamo che non abbiamo niente contro le persone LGBT e rifiutiamo nettamente l’equazione LGBT=pedofilo. Abbiamo ritenuto di pubblicare la traduzione di questo articolo perché condividiamo la critica alla teoria queer, che ha prestato il fianco a interpretazioni incredibili che di femminista non hanno nulla, e siamo contro qualsiasi forma di normalizzazione della mercificazione del corpo femminile, dalla prostituzione alla gestazione per altri.

 

Articolo di Lidia Falcón
pubblicato in La verdad es sempre revolucionaria
(Giornale Publico)
Traduzione di Irene Starace

Quest’ 8 marzo sono passati 108 anni dal massacro della fabbrica Cotton di New York, in cui morirono assassinate 200 donne dopo esservisi chiuse dentro per reclamare l’aumento dei salari: il proprietario della fabbrica la incendiò, bruciandole vive.  In questo giorno, che Clara Zetkin propose che fosse istituzionalizzato come Giornata Internazionale della Donna, uno sguardo alla situazione sconcerta parte di noi del Movimento Femminista. [Sulla nascita della Giornata internazionale della donna circolano diversi falsi storici, noi ne abbiamo parlato qui . N.d.R.].

Ci stimola riguardare i progressi ottenuti nel mondo occidentale. Non direi che non si può ripetere l’ atrocità del 1909, perché pochi anni fa in Bangladesh il soffitto di un edificio è crollato, uccidendo mille lavoratrici che cucivano in condizioni di schiavitù, per rifornire le imprese di abiti confezionati, tra cui Zara, che vestono noi privilegiate clienti europee e americane. Credo che sia importante non dimenticarlo.

Ma quello che sconcerta e scoraggia è l’accorgersi di come in questo Primo Mondo, che gode dei progressi raggiunti dai movimenti sociali in secoli di cruente battaglie, un settore del MF, oggi meno interessato alla lotta per la sopravvivenza, stia deviando verso la difesa di rivendicazioni che contraddicono l’essenza stessa del femminismo.

Quando reclamavamo il diritto all’amore libero, rivendicazione che ha compiuto più di un secolo, non potevamo neanche immaginare, né noi né le nostre eroiche antenate, pioniere di tutte le lotte, che questo reclamo si potesse pervertire in modo tale da difendere la prostituzione come un lavoro accettabile, o perfino desiderabile, ignorando la degradazione morale e lo sfruttamento economico che questa schiavitù rappresenta per le donne. Vorrei ricordare come le anarchiche che fondarono il gruppo Mujeres Libres, e che perfino si unirono agli uomini in prima linea nei combattimenti durante la Guerra Civile, furono enormemente critiche contro i loro compagni che frequentavano i postriboli.

Federica Montseny, la nostra prima ministra della Sanità durante la lotta, creò i “liberatori dalla prostituzione”, in cui si offrivano alle donne accoglienza, mantenimento e formazione professionale. E 80 anni più tardi un settore del femminismo vede con compiacenza lo sfruttamento delle vittime, facendo un’ infame campagna a favore della sua legalizzazione, mettendo su perfino una Scuola di Prostituzione a Barcellona, permessa sia da questo Comune del cambiamento che dall’ indipendentista Generalitat ─che non sappiamo se la finanzia─, che si occupa solo di separarsi dal resto della Spagna. Suppongo che se otterranno l’ indipendenza, il governo catalano potrà trasformare la Catalogna nel postribolo dell’ Europa.

Quando ancora non siamo riusciti ad abolire la prostituzione e a collocarci tra i paesi avanzati moralmente, ci imbattiamo nella difesa della legalizzazione dell’ “utero in affitto” da parte di alcuni settori del movimento LGTB. Parliamo della mercificazione più assoluta del corpo della donna. E siccome questa è una richiesta del movimento omosessuale, predominantemente maschile, che ha influenza su molti dei partiti politici e denaro per finanziare le sue campagne, hanno ottenuto che la maggior parte di loro non si definisca contraria, in attesa di vedere quanti voti avranno.

Ma dobbiamo ancora conoscere nuove tendenze che vengono a perturbare ancora di più l’ideologia femminista.

Voi sapete chi sono le TERF? Non vi sentite ignoranti, nemmeno io lo sapevo fino a due giorni fa. Risulta che le TERF, sigla di trans exclusionary radical feminist, siamo noi. Sì, le femministe di sempre, noi che reclamiamo da 200 anni libertà, uguaglianza, solidarietà. Questo termine se l’è inventato un gruppo di transessuali, appoggiate, a quanto pare, da un altro gruppo di LGTB, che, seguendo la teoria queer ─quella che dice che non nasciamo con una predeterminazione di sesso, ma che scegliamo quello che vogliamo nel corso della vita ─ hanno deciso che né il sesso, né l’ età, possono definire le persone.

Per riassumere quel che sta riempiendo pagine di web, di Facebook, di WhatsApp, perfino di libri: una, e nello stesso modo uno, può essere una donna o un uomo, secondo quello che decide nel momento in cui lo desidera. E se questa trasformazione era già conosciuta, e perfino protetta dalla legge, ma implicava il sottoporsi ai cambiamenti fisici che accompagnano le caratteristiche di ogni sesso, ora no. Ora tutti sono dei trasformisti e possono esserlo di mattina o di sera, questo fine settimana o il mese prossimo. E nello stesso modo scegliere in ogni momento l’ età che desiderano. Non è necessario avere, o cercare di avere, l’ apparenza fisica correlata al sesso che si desidera.

Una foto di un signore con dei baffoni neri ha la didascalia: “Sono una bambina di cinque anni”. Questa è la trasformazione che ha scelto. E, di conseguenza, si è sentito in diritto di molestare sessualmente un bambino di sei. Perché lui si sente una bambina piccola, e quindi non è un pedofilo ma un transgender, e per questo ha diritto a violentare bambini. E quelle di noi che si oppongono a simili dissennate fantasie sono TERF, omofobe, transfobe e persecutrici della libera scelta di sessualità e di età.

La cosa peggiore è che alcune note attiviste del movimento LGTB stanno dando copertura a questi pericolosi spropositi, e quando le si contraria diffondono ogni sorta di critiche, imbottite di insulti, contro le TERF, che siamo noi. Si chiedono addirittura se non potrebbero riunirci tutte e buttarci in mare.

Una dottoressa degli EEUU sta facendo una campagna in favore della pedofilia, accusando le TERF di penalizzare la sessualità infantile così come prima si erano penalizzati l’ amore libero e l’ omosessualità. E in queste polemiche, che vanno oltre le parole dato che si mettono in pratica abusando sessualmente di bambini e bambine, investono il loro tempo ─qualcuno le pagherà anche─ le attiviste del femminismo di un tempo.

Ed io penso che quelle che si dedicano a questa campagna senza dubbio soffrono poco, e ancora meno sono capaci di osservare e di emozionarsi per le sofferenze delle altre donne del mondo. Queste femministe non solo investono il loro tempo e la loro capacità mentale nel discutere che sesso si metteranno oggi, come se fosse il vestito che si cambiano, ma stanno sostenendo la campagna scatenata dai pedofili per violentare impunemente bambini e bambine.

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13 commenti

  1. Grazie per questa traduzione, vi comunico che inserirò il post tradotto in un mio intervento di qualche giorno fa a supporto del discorso che facevo anche io rispetto al genere e al sesso di nascita, questa traduzione amplia il discorso stesso che stavo facendo io.

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  2. Ok, grazie.
    In sintesi comunque il mio post parla della costruzione sistematica del genere fin dall’infanzia, e quindi centrava il discorso intercorso tra noi nel post precedente, e anche quello che riguarda questa traduzione.

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    • Quello che scrivi coincide molto con gli articoli che ho tradotto e il paragone con gli ebrei (o meglio con Israele) è venuto in mente anche a me. La logica è la stessa. Credo che questa situazione che descrivi derivi dalla frammentazione del concetto di genere. Parliamo chiaro: i generi sono due e il resto sono variazioni sul tema. Negare di appartenere a un genere, con una sua storia specifica, e rifiutarsi di farci i conti non ha altro risultato che perpetuare il patriarcato. Solo quella minoranza di persone che nascono con un ermafroditismo fisico può scegliere a che genere appartenere. Tutti gli altri (purtroppo o per fortuna) no.

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      • Guarda Irene mi permetto di consigliarti un libro che a me ha fornito delle conferme su alcune intuizioni rispetto al corpo fisico delle persone, il libro è Partenogenesi Oggi di Marianne Wex, siamo molto più simili maschi e femmine di quanto i generi ci vanno a (cercare di) definire secondo l’autrice e i generi certo non ci definiscono, sono dogmatici anche laicamente parlando, ingabbiano, mentre i sessi biologici sono assai più complessi e spesso sappiamo bene, messi da parte a favore delle considerazioni sul “genere”.
        Personalmente nego di appartenere ad un genere perché l’immagine stereotipata della donna per come viene intesa nel patriarcato non mi definisce, credo si capisca da ciò che scrivo, personalmente con la costruzione del genere ci faccio i conti invece ed è bene farci i conti proprio per capire la storia che ha determinato gli stessi.


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      • Se non lo trovi contattami, sarò felice di trovare la maniera per girarti quello che ho io.

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  3. Sulle persone ebree è vero sarebbe stato più opportuno scrivere Israele, ma l’idea delle persone di religione ebraica in parte (ovviamente non nella totalità) è quella dell’antico testamento e della terra promessa da prendere a tutti i costi, è sempre un dogma pure quello, e i monoteismi in quanto a dogmi essendo arrivati in una fase specifica della costruzione sociale patriarcale successiva ai paganesimi patriarcali sono stati la pietra tombale rispetto a ciò che il femminino aveva costruito in precedenza, in termini antropologici parlo, quando la Gimbutas scriveva il termine “ondate” non sbagliava, è stato tutto progressivo, i patriarcati odierni non sono i patriarcati di 150 anni fa, o di 2500 anni fa, progressivamente hanno sostituito, imbrattato, rubato, strumentalizzato etc… quello che c’era prima, sostituendovisi e qui mi riallaccio invece alla frammentazione del genere che individui è la fase storica che la determina, un ulteriore passaggio (che qualcuno definirebbe patrifratristico) per me fa parte della tecnica della carota, (del potere) fornire l’illusione (tramite una frammentazione) di una varietà, per continuare a non fare vedere altro, ovvero il sesso e le costruzioni sociali fornite da una società specifica, e dalla cultura in movimento di tale società per cui dici bene con i generi bisogna farci i conti.


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    • Rettifica: quando scrivo: Se non lo trovi contattami, sarò felice di trovare la maniera per girarti quello che ho io.
      intendo o cedendotelo (niente copyright infranti o cose non previste dalla legge che ci regola tutt@, assurdo che lo debba specificare ma le parole sono pietre si sa) oppure posso girarti il sito dove io l’ho acquistato se lo ritrovo o se ce l’hanno ancora.

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