Articolo di María Luisa Latorre pubblicato in Tribuna feminista
Traduzione di Irene Starace
Il 31 gennaio di quest’ anno, l’attrice statunitense Rose McGowan ha partecipato ad un evento pubblicitario in una libreria di New York sul suo libro Brave, durante il quale ha risposto alle domande del pubblico, finché una donna trans l’ha accusata che il suo femminismo era solamente per le donne “cis” e che non le importava delle donne trans nelle carceri maschili, né che fossero violentate e uccise. McGowan ha risposto a grida che non era vero, si sono scontrate e finalmente gli addetti alla sicurezza hanno portato via la trans.
McGowan è stata molto presente nei media ultimamente. Ha denunciato che Weinstein ha cercato di violentarla e ha criticato molto duramente la complicità che esiste a Hollywood sul problema delle molestie e degli attacchi sessuali ad attrici. Che una donna trans abbia scelto questo suo momento di vulnerabilità, in cui parlava delle molestie subite, per intimidirla, dice parecchio sullo stato dell’attivismo a favore delle persone trans, e di fino a dove sono disposti ad arrivare per ottenere i loro obiettivi. L’ attrice è rimasta così sconvolta che ha cancellato altri eventi di promozione del suo libro.
Ci sono opinioni di ogni tipo su quest’ incidente, ma la lettura che ne faccio io, dal punto di vista del femminismo radicale, è che McGowan è stata molestata e messa a tacere dall’ attivismo a favore delle persone trans, che si trova da anni fuori dai nostri confini e a poco a poco sta entrando anche in Spagna.
Mettere a tacere le donne è una cosa che il patriarcato fa molto spesso, solo che ora non è il tipico macho a farlo, ma un altro collettivo oppresso e i suoi sostenitori. Succede continuamente. Sono le scuse di Dolera dopo il suo commento sul “campo di rape [la parola nabo contiene un doppio senso sessuale] femminista”, è lo stalking sulle reti sociali contro le femministe radicali, sono gli inviti disdetti a femministe che dovevano impartire conferenze nelle università (com’ è successo con Germaine Greer, Julie Bindel e Linda Bellos), sono le parole di June Fernandez di Pikara alle sue lettrici femministe perché controllino il loro linguaggio, è il dire a noi donne che parlare dei nostri genitali è transfobia. E’ anche l’ insulto TERF e il minacciarci di violenza per internet, o il metterla in atto nella vita reale, come in quest’ evento a Londra, dove delle femministe dovevano parlare del genere e un attivista trans ha picchiato una donna di 60 anni per aver registrato la conferenza. Sempre a Londra, l’ organizzatrice della Fiera del Libro Anarchico, Helen Steel, l’ ha dovuta cancellare, dopo essere stata denigrata, insultata e minacciata dall’ attivismo trans, semplicemente per aver permesso la distribuzione di volantini sui cambiamenti che propone il governo inglese all’ attuale legge sul genere (Gender Recognition Act) da un punto di vista femminista. Steel dice che un gruppo di attivisti l’hanno circondata e minacciata chiamandola “cagna TERF”.
Tutto questo è semplicemente censura. E siccome ad essere censurate siamo quasi sempre noi donne, questa maggioranza così minoranza, cioè un collettivo che è stato storicamente messo a tacere, stiamo parlando di oppressione. E che venga da machos o da uomini che dicono di essere donne, non cambia nulla.
Curiosamente, non vedo né in Spagna né fuori dai nostri confini l’attivismo trans molestare uomini all’uscita di una partita di calcio, né soldati in quella celebrazione dell’ orgoglio eterosessuale che è la giornata delle forze armate. No, è contro le femministe che rivolgono la loro ira, sui media e fuori, com’è successo a Bristol, dove vivo, lo scorso 6 febbraio in una manifestazione per celebrare il centenario del suffragismo in Inghilterra. In effetti, erano lì, gridando che le suffragette avevano lottato solo per le femministe bianche e “cis”.
Sorprende parecchio il silenzio sui media sociali di altre femministe radicali e portabandiera della libertà d’ espressione, quando si vede un’altra donna o femminista attaccata da attivisti trans al grido di transfobia, semplicemente per aver detto che sesso e genere non sono la stessa cosa, o che magari somministrare a un minorenne un trattamento ormonale (che dovrà seguire tutta la vita) non è una buona idea. Il “feminazi” che i machos hanno usato tutta la vita per ordinare alle donne di stare zitte è stato trasformato in “transfoba” o “TERF”.
Ma d’altra parte, forse non dovrebbe sorprendermi; noi donne siamo state socializzate per stare zitte e per considerare le ingiustizie vicine a noi più gravi di quelle che subiamo noi stesse, e certamente il collettivo trans è stato, ed è, perseguitato… Anche se non dalle femministe, ma dagli uomini. Sono loro a commettere gli stupri e gli omicidi, ma curiosamente (o forse no, giacché le donne trans sono state socializzate come uomini e viviamo in un sistema patriarcale), ad essere censurate siamo noi donne e soprattutto le femministe. La misoginia è profonda.
Come ho detto prima, molte femministe -e non necessariamente liberali- mi chiamano esagerata quando tocco la tematica trans, o dicono che parlo solo di un settore dell’ attivismo trans. Ma non è vero. Certamente la maggioranza dei casi di femministe radicali che sono state aggredite sono accaduti in paesi anglosassoni, anche se, con la nuova legge sul genere che sta seguendo il suo iter parlamentare, c’è da aspettarsi che lo stalking contro le femministe diventi più intenso anche in Spagna. Io dico senza ambagi che il discorso normativo attuale sui diritti trans è antifemminista. Quando vedi organizzazioni pro-donna che cambiano il loro linguaggio sull’ anatomia femminile e parlano di “esseri mestruanti” si vede molto chiaramente dove si vuole arrivare. O come quando il partito laburista inglese sceglie una donna trans di 19 anni come capo di un comitato per le donne. Si tratta di Lily Madigan, che ha organizzato una campagna di mobbing contro la lesbica pro-sindacato, e veterana del partito laburista, Anne Ruzylo, semplicemente perché quest’ultima aveva riserve sul cambiamento della legge [l’estate scorsa è stata approvata una legge che elimina l’obbligo di dichiarare il proprio genere in statistiche e censimenti] e sui suoi effetti sulle donne. Il panorama appare scoraggiante.
E tutto questo è un peccato, perché noi donne e le donne trans, in effetti, abbiamo in comune l’essere vittime di violenza patriarcale, anche se non nello stesso modo e immagino che per ragioni diverse. Serve un dialogo razionale per trattare ciò che ci unisce e ciò che ci separa, ma non è possibile quando commenti che forse non è una buona idea mettere uno stupratore che dice di essere donna in un carcere femminile e subito ti dicono che sei una transfoba, punto e basta.
Della problematica delle donne trans in carceri femminili, e di altri temi, abbiamo parlato l’ 8 febbraio a Bristol. Oggi, in Inghilterra le persone trans devono completare un processo piuttosto complesso per poter cambiare identità. Devono ottenere un certificato di disforia di genere e vivere con l’ identità desiderata per un paio d’ anni (Gender Recognition Act, 2004). L’ attuale governo inglese, di destra, ha manifestato il desiderio di modificare la legge perché diventi uguale a leggi simili in altri paesi, e così le persone trans potranno accelerare il processo di cambiamento. Questo significa che la disforia di genere sarà eliminata come requisito perché una persona cambi di sesso in modo legale, e potrà ottenerlo secondo la sua volontà.
Per poter parlare della preoccupazione che questa situazione causa a donne e femministe (mi spiego meglio più avanti), e temendo violenza trans, la riunione dell’ 8 febbraio a Bristol è stata organizzata con la massima discrezione. Abbiamo saputo in che luogo si svolgeva solo lo stesso giorno dell’ evento ed effettivamente, mentre ci andavo, mi sono imbattuta in un gruppo di attivisti trans, con cartelli contro la transfobia, nel centro di Bristol. Le donne che hanno partecipato alla riunione erano di tutte le età e classi sociali, con professioni che andavano dalle giornaliste alle infermiere della sanità pubblica alle insegnanti, e per poter trattare il tema dei cambiamenti alla legge sul genere ci eravamo dovute nascondere. Come criminali. Tutto questo perché non ci censurassero e per poter parlare liberamente.
E di che temi parlavamo noi, quelle insultate come TERF? Stavamo forse macchinando come mandare le donne trans in campi di concentramento, o atti di violenza per la persecuzione e la distruzione della comunità trans?
No. L’Inghilterra ha una legge “di uguaglianza” (Equality Act 2010) che riconosce il bisogno delle donne di luoghi che siano accessibili solamente alle persone del loro stesso sesso, senza intromissioni del sesso opposto; luoghi come gli ospedali (dove la paziente può chiedere che la sua ginecologa sia una donna), centri da assistenza a donne in fuga dalla violenza perpetrata dal loro partner maschile, ecc. La legge restringe anche l’ accesso di persone nate come uomini a spazi sportivi e club esclusivi di donne, e permette la separazione dei sessi nei bagni. Come in molti luoghi, gli spazi esclusivamente di donne esistono in risposta alla realtà sociale della violenza sessista.
Se la legge attuale sarà modificata e una persona potrà effettivamente cambiare sesso secondo la sua volontà, molte donne e femministe inglesi temono che qualsiasi uomo possa accedere a spazi solo femminili, e completamente protetto dalla legge.
Per esempio, le inglesi non potrebbero più chiedere una ginecologa donna non trans, e qualsiasi uomo, anche con la barba lunga fino alle ginocchia, avrebbe tutto il diritto di stare nei bagni pubblici femminili. E tenendo in conto che noi donne viviamo in una società patriarcale in cui gli uomini (e mi riferisco a quelli nati come uomini) fanno cose come fotografare donne nei bagni pubblici, la loro biancheria intima sotto le gonne con i cellulari in strada o in autobus, molestare sessualmente le pazienti se sono ginecologi, e invadere lo spazio privato delle donne in molti altri modi, ci sono parecchie cause di preoccupazione. In questo sistema patriarcale è già difficile denunciarli come uomini, ma se si autodefiniscono donne, sarà molto più complicato.
Nella riunione si è parlato anche di altri temi, per esempio che qualsiasi criminale violento possa dichiararsi donna ed essere trasferito in carceri femminili, cosa che sta già accadendo in Inghilterra e in altri paesi. Infatti, la possibilità di dichiararsi donna significa che ad un uomo che maltratta o uccide la sua partner non si potrà più applicare la legge sulla violenza di genere. Quest’ articolo di Fair Play for Women and Girls dice che la metà dei criminali trans attualmente in carcere in Inghilterra e Galles hanno commesso crimini di tipo sessuale e sono pericolosi. Mettere questi criminali in carceri femminili metterebbe le donne in una situazione di ulteriore pericolo.
Immagino che in Spagna, ora che la Proposta di legge contro la discriminazione LGTB+ è in discussione (anche se il processo sembra lento), vedremo più spesso cose come queste. Aggiungo tra parentesi che mi lascia parecchio scioccata la pochissima copertura da una prospettiva femminista e critica che ho visto su questo tema, nonostante le conseguenze per le donne spagnole siano simili. Questa proposta è stata applaudita come progressista, ignorando come può danneggiare i diritti di più della metà della popolazione del paese.
Tutti questi casi urtano frontalmente contro diritti per cui molte donne hanno lottato per molto tempo. Per poter assicurarsi che i due collettivi, entrambi oppressi, possano continuare ad essere protetti, c’è bisogno di continuare a costruire un dibattito e di cercare soluzioni soddisfacenti, ed oggi non è possibile. Il discorso viene completamente rotto dalle accuse di transfobia e le voci di tante di noi, che hanno obiezioni perfettamente valide, vengono messe a tacere, con le buone o con le cattive. E’ chiaro che la repressione non è esclusiva dei partiti o delle persone con una mentalità di destra.
Corrono brutti tempi per la libertà di espressione e i diritti delle donne.
María Luisa Latorre è professionista del marketing e femminista.
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Di certo il tema è di difficile approccio, ma penso che lo spazio di dialogo negato sia spazio di dialogo che non permette il confronto e la crescita. Quasi mai la soluzione è bianca o nera, però non capisco… La protesta si ferma alla contestazione oppure sarebbe possibile organizzare momenti di incontro e reciproco scambio di conoscenze e paure??? In Italia per come vedo, il femminismo e il movimento trans – ammesso che esista una separazione così netta – non mi sembra così… slegato, appunto. Forse mi sbaglio?
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Grazie BamboleDiavole per questa traduzione, in Italia per rispondere a Cristina di Pietro, si è creata una grande frattura nel movimento LGBT+ dopo che Arcilesbica ha pubblicato l’opinione di una donna cis lesbica che ha subito uno stupro, mi permetto di rimandare al link relativo all’articolo ripreso e pubblicato poi sulla pagina FB di Arcilesbica che ha sollevato polemiche e tentato di zittire (per come la vedo io) Arcilesbica: https://medium.com/athena-talks/i-am-not-a-cis-woman-i-am-a-woman-and-that-matters-da2248223e2a
Si tratta di un opinione non di un documento firmato e sottoscritto da tutte le donne cis lesbiche che fanno parte di Arcilesbica, ma si è gridato subito alla transfobia, di recente su questo argomento ci ho scritto anche io in quanto lesbica e conoscendo l’associazione che ha girato sulla sua pagina FB questa opinione.
Nell’associazione italiana sono attive anche molte donne transgender, praticamente da sempre, da quando Arcilesbica è nata, oggi però in molte e non solo aderenti all’associazione (assieme a persone Gay, bisessuali, lesbiche, etero e FtM) dicono che Arcilesbica è transfobica, la posizione si è andata consolidando dopo che questa associazione ha messo i puntini sulle I rispetto al tema dell’utero in affitto dichiarandosi contraria, ma i rapporti secondo me, ed è mia opinione personale basata sull’esperienza diretta, scricchiolavano già da tempo.
Come sottolinea Cristina, il tema è delicato, ma silenziare le voci di donne è sempre qualcosa di pessimo, e pessimo è silenziare le voci delle donne femministe ogni posizione assolutista è pessima, perché esclude (a priori) il dialogo e il confronto, e spesso essendo il patriarcato che lo insegna, è strumento patriarcale per questo vi ringraziavo ragazze per aver riportato questo intervento tradotto costituisce un altro valido spunto di riflessione.
Invece per quanto riguarda le femministe radicali in generale non posso rispondere potrei rispondere per me rispetto a cercare punti di incontro, certo Cristina che se da me viene una donna transgender e mi dice che io scrivo solo per le donne cis, o parlo solo per le donne cis, che dialogo posso avere con una persona del genere? le posso dire che sbaglia come ha fatto Rose McGowan, e ti dirò pure gridando visto che mi si accusa griderei pure io, e direi anche che accusare non è un bel modo di iniziare a dialogare, per il resto del movimento femminista radicale credo che la varietà che lo contraddistingue prevederebbe molte risposte su un eventuale incontro, ma sono curiosa anche io a tal proposito unicamente di comprendere quali siano le posizioni, questa espressa nel testo trova il mio consenso, invece se dovessi rispondere sulla costruzione dei generi quando si nasce maschio si viene cresciuti in una certa maniera, se nasciamo femmine in un altra, la dico proprio in modo diretto e senza troppi giri di parole, e si sesso e genere sono differenti ma pare sia vietato dirlo, pena la gogna, quindi brave che avete inserito un testo che ne parla e si può tendere attraverso la cultura patriarcale che diviene appunto insegnamento a tutti gli strati e i livelli delle società che viviamo, ad instillare l’idea di superiorità di un sesso rispetto ad un altro, superiorità che prevede privilegi ottenibili con la violenza, si cerca di parlare di questo, anche in Arcilesbica, ma in generale le donne femministe radicali parlano di questo, non solo noi lesbiche ne parliamo come si è visto ma è facile gridare al lupo al lupo e difficile invece parlare, cercare di comprendere, interrogarsi, analizzare e sovvertire lo stato di cose per una serie di ragioni, comprese ragioni che hanno a che fare con uno spostamento politico in atto che riguarda il rafforzamento della tradizione e il conservatorismo (cosa che avviene sempre quando c’è una crisi capitalistica e che quindi non avviene in un solo Paese) ivi comprese quelle di tipo culturale e formativo.
Mi sono dilungata, scusatemi ma sul tema sono particolarmente sensibile.
Se non lo aveste capito sono sciamanarossa, ho cambiato nick ma sono sempre io, piccola digressione e finisco dicendo che ragazze spero tanto si possa aprire uno spiraglio per continuare a sviscerare il tema costruzione di genere-sesso-e gusti perché in tal senso il movimento femminista radicale è e deve porsi come fa, in modo trasversale anche quando ci chiudono (tentano di chiuderci) la bocca, e tale trasversalità riguarda tutte noi che si sia etero, bisessuali, lesbiche, transgender, insomma tutte le donne in quanto oppresse come è stato anche in questo caso sottolineato nel testo.
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Proprio così, la cultura patriarcale si estende dappertutto, e io credo che in questo caso sia in atto una strategia ben precisa: il patriarcato di altri paesi, più astuto del nostro, ha deciso di allearsi con alcune minoranze sessuali perché ha capito che sono della sua stessa pasta. Bisogna dire che è una strategia intelligente: portare avanti la causa di sempre servendosi di minoranze oppresse fino a poco fa, o tuttora, e che portano avanti un discorso apparentemente progressista e trasgressivo. Però finalmente si sta cominciando a vedere cosa c’è dietro.
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Secondo l’autrice di quest’articolo il dialogo è impossibile. Non so se anche in Italia il movimento sarà destinato a dividersi, ma sospetto di sì. Mi viene in mente Vladimir Luxuria che si scaglia contro Asia Argento o che sostiene la prostituzione. Mi ha preoccupato molto anche il manifesto dell’8 marzo di Non una di meno, che richiede che sia permesso alle persone trans di cambiare identità sui documenti senza operarsi. C’è qualche ragione per cui anche da noi stupratori e molestatori non ne debbano approfittare? Mi sembra che ci sia un atteggiamento assolutamente acritico nei confronti delle rivendicazioni delle persone trans: in altri paesi, compresa la Spagna, possono cambiare sesso anche i minorenni, una cosa che a me sembra assurda, e suppongo anche a voi, ma se in Italia i trans si mettessero a reclamare questo “diritto” a gran voce, avremmo il coraggio di opporci? Insomma, ho voluto pubblicare la traduzione di quest’articolo proprio per far riflettere e mettere in guardia. Non siamo acritiche e se sarà necessario chiediamo che i diritti delle persone trans non siano ottenuti contro i nostri.
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Irene citi il dividi et impera di romana memoria, la frammentazione delle minoranze e la separazione che viene fatta sulle donne è strategia consolidata del patriarcato, è un tema che appunto voi analizzate e pure questo mi è a cuore perché genera poi acriticità come sottolinei, visto che diventa stabilizzato genera appunto assunzione senza critica, infatti appena si fanno delle critiche ecco che l’attenzione viene spostata (altra tecnica patriarcale) su altri argomenti che creino un clima di caccia alla strega, e non avviene solo in Italia come visto dall’articolo che hai tradotto.
Rispetto a Luxuria e alla vicenda Asia Argento come anche sul tema della prostituzione è sempre una cultura introiettata che la fa parlare così, (non è una giustificazione solo un analisi) una cultura che la rende connivente (come sono conniventi altre donne) con la violenza sistemica patriarcale e che al contempo la allontana dal tentativo di aprirsi ad altre prospettive, cosa che considero una vittoria per il sistema misogino e sessista e un perderci anche per la stessa Luxuria.
Poi citi Nonunadimeno, anche in questo caso fai bene a porre l’attenzione sul movimento che citi, di posizioni per una femminista radicale, non proprio positive (sono sarcastica) ne hanno prese parecchie ed è una critica la mia non un assolutismo, gli assolutismi stanno solo dalla parte di chi ha verità incontrovertibili io non ne ho, e meno male ho possibilità così di essere in espansione invece che essere una statua, (pure questo è sarcasmo ma anche rabbia), e il focus è bene che vada sul tema che citi nella risposta rispetto a Nonunadimeno visto che esistono i generi e sulla base di questi una cultura che li divide in alto (privilegiati) e basso (che si devono sobbarcare di essere considerate come inferiori a chi ha e deve poter mantenere per la cultura i suoi privilegi concessi) si esprime la cultura stessa, e quando c’è un dislivello di potere il privilegiato viene visto come avente diritto nella dispercezione comune, e la non privilegiata come comunque avente diritto, è sempre la dispercezione che fa dire che c’è parità tra i sessi quando non è così nei fatti e lo sappiamo bene.
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Sì, è proprio un caso di divide et impera, ma su Luxuria io credo che sappia benissimo quello che dice e che porti avanti consapevolmente questa strategia perversa.
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Non ci ho mai pensato a questo Irene rispetto a Luxuria, mi viene da domandarti perché pensi questa cosa, la domanda è dettata dalla curiosità di comprendere maggiormente il tuo punto di vista.
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Lo penso per queste ultime cose che ha detto, a cui mi riferivo nel primo commento.
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La libertà di opinione prevede anche la libertà di dissenso e critica. C’è chi impara a costruire una narrazione che possa includere l’empatia dei soggetti umani, e chi denigra le esperienze altrui aspettandosi di non poter mai ricevere critiche nel nome della “libertà di parola”. Eppure, come noi europei ben sappiamo, la libertà di parola assoluta può generare dei mostri, e portare avanti come valide istanze il cui unico scopo è rendere illiberale il discourse, e chiudere come “non valide” le esperienze di opposizione.
E poi rimango davvero allibita. Dopo 60 anni di lotte femministe legate alla parità dei generi, dopo lotte sul diritto riproduttivo, dopo lotte che deoggettificavano la donna come “portatrice di vagina”, dopo lotte sulla decostruzione dei ruoli culturali che vedono la donna come unico soggetto asservito.. adesso, c’è una piccola frangia di femminismo che si sente totalmente a proprio agio ad affermare che no, una donna è determinata dai propri genitali, una donna è sfornatrice di figli, una donna è un destino biologico.. essenzialmente sputando in faccia a tutte le lotte fatte.
Nel nome dell’odio per una categoria (categoria tra l’altro doppiamente resa vittima del sistema patriarcale.. come donna e come soggetto in transizione, e quindi “traditore” del privilegio.. ma d’altronde non siamo qui a fare a gara a chi è più discriminato.. vero? Perché sarebbe ridicolo ed infantile), si fa di tutto, anche mettere a repentaglio la propria posizione culturale e favorire il ritorno di un sessismo becero e oggettificante.
Questo, ecco questo io trovo allucinante.
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Be’, la biologia conta, almeno per tre motivi: 1) la specie umana è femmina: il cromosoma maschile Y è una variazione di quello femminile e non esiste autonomamente; 2) il cervello delle donne è più sviluppato di quello degli uomini: ha più materia grigia e gli emisferi meglio connessi; 3) è stato scoperto che le donne sono in grado di fecondarsi da sole. Le donne hanno una superiorità biologica di cui sarebbe il caso di tornare a tener conto.
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Che bello leggerti Irene! specie per il punto 3 e il punto 1 che sono entrambi ancora tabù e che fai bene a menzionare! pare non si possa parlare di questi due temi (partenogenesi e cromosomi X – Y) senza incorrere in attacchi feroci e privi di fondamento, trovare un altra donna che ne parla mi commuove e mi fa stare bene quindi grazie, il punto esclamativo è di soddisfazione personale, per quanto riguarda questo: (e ti cito)
Lo penso per queste ultime cose che ha detto, a cui mi riferivo nel primo commento.
Non è la prima volta come sai che Luxuria se ne esce con pensieri che rientrano nella cultura patriarcale, può darsi che porti avanti una strategia specifica con consapevolezza, personalmente non lo escludo nemmeno io, comunque quando lo fa è connivente con la cultura che ci relega a minoranze e/o ad inferiori e superiori e questo è già di suo pessimo.
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Mi fa piacere averti fatto stare bene!
A quanto pare parlare di biologia non va più di moda e sembra che l’identità di genere sia qualcosa di puramente mentale e spirituale, ma se è così, perché c’è chi sente il bisogno di trattamenti medici e cambi di documenti? La “mente androgina” di cui parlava Virginia Woolf non sarebbe più che sufficiente a sentirsi donne pur essendo uomini o viceversa? E non sarebbe infinitamente più rivoluzionaria? Con cosa ha a che fare la percezione di appartenere al genere opposto a quello fisico: con una percezione pura di quello che è il femminile o il maschile, o piuttosto con la sensazione di non rientrare negli stereotipi di genere? La seconda risposta mi sembra la più probabile. La prima sarebbe valida solo se vivessimo in un mondo senza stereotipi, e purtroppo non è così, anzi. Quindi, cambiare sesso mi sembra molto più un atto estremo e crudele di adattamento a norme sociali ingiuste che un gesto trasgressivo o rivoluzionario. Mettere e togliere un genere o un altro a capriccio, come sostiene la teoria queer, non è solo assurdo, è anche un mettere etichette in continuazione, come diceva una mia amica. Io non penso mai se quello che faccio è femminile o no. Io sono io, un individuo con le sue contraddizioni e sfaccettature, e basta.
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Cito: adesso, c’è una piccola frangia di femminismo che si sente totalmente a proprio agio ad affermare che no, una donna è determinata dai propri genitali, una donna è sfornatrice di figli, una donna è un destino biologico..
Questa è una tua interpretazione che cancella il dissenso e le motivazioni portate aventi dicendo che una differenza esiste, oppure non esiste e siamo identiche? uniformare le differenze è qualcosa che richiama ai totalitarismi, è storia antropologica questa, dire che esistono differenze non vuol dire che una donna cis femminista si considera i suoi genitali, anche questa è un interpretazione che fa leva (tra l’altro) sull’oggettivazione del femmineo e quindi su una base culturale profusa dal patriarcato stesso, e quindi da te che la ripeti, introiettata.
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Ti cito pezzo per pezzo Irene sennò mi perdo:
Mi fa piacere averti fatto stare bene!
Anche a me ha fatto piacere provare quello che le tue parole mi hanno suscitato.
A quanto pare parlare di biologia non va più di moda e sembra che l’identità di genere sia qualcosa di puramente mentale e spirituale, ma se è così, perché c’è chi sente il bisogno di trattamenti medici e cambi di documenti?
Ti sei posta una domanda alla fine della frase che cito che mi sono posta io stessa e che certo ha a che fare con il genere che è costruzione sociale che poco centra con la biologia in effetti, infatti nel sistema gerarchico e patriarcale le cose vengono divise, frammentate (dividi et impera è il sancire tale strategia di separazione ad esempio) una divisione è proprio: biologia-mente-istinto-sentimenti-costruzione sociale e chi divide spesso lo fa per il potere, alle volte perché ha paura, altre volte perché quando si divide è più facile agire la viltà che non si riconosce di avere, sono molto amara nelle mie parole ma avendo possibilità di scriverlo presento il mio punto di vista, e lo faccio in modo diretto e per quella che sono.
Qualche giorno fa ne parlavo con una persona a me cara, e le ho detto che la disforia di genere è di genere appunto, o disturbo di identità (identità pure è costruzione sociale) di genere, non di sesso, di genere, le parole hanno un peso, talvolta sono fuorvianti e vengono usate come non si dovrebbe nel rispetto verso le-gli altri ma talvolta invece vengono usate propriamente, andando effettivamente a definire dei fenomeni sociali e quindi anch’essi costruiti.
La “mente androgina” di cui parlava Virginia Woolf non sarebbe più che sufficiente a sentirsi donne pur essendo uomini o viceversa? E non sarebbe infinitamente più rivoluzionaria?
Sull’androginia per come nasce come concetto sono critica ma poi effettivamente è stato ribaltato dalla Woolf il senso del tema, la Woolf come ogni donna che coglie e trasforma, (copsa che personalmente chiamo e definisco atto di Dea) l’ha adottato per dire altro rispetto alla sua nascita che pure ha a che fare con divisioni ed è interna al patriarcato anche nel mito e nelle religioni di sottrazione e mutilazione della Dea che io personalmente definisco Madre (non per ruolo sociale) e Mortifera per la Rinsacita, perché è come per i cicli della natura, e si sarebbe più rivoluzionario perché maschile e femminile con ruoli annessi nascono con i patriarcati e effettivamente l’androginia che pure mantiene anche nel suo etimo una valenza più dalla parte del maschio = andro-uomo viene prima di virgo che genera “ginia” e virgo intacta era la donna in epoca romana che non aveva fatto sesso con un uomo diverso da vergine che deriva da parthenos ma vergine successivamente venne adattato ad uso della lingua e del senso significante patriarcale, vergine infatti significava senza partner, per esteso libera, ma le vergini potevano anche avere più compagne-i solo erano senza partner e quindi mi riferisco alla costruzione culturale della coppia quando scrivo senza partner, comunque virgo richiama ad un pezzo della donna quindi il termine androginia, nasce già indicando una totalità (maschio) e un pezzo (ginia-virgo) infatti il termine stesso nasce con i patriarcati come ti dicevo.
Con cosa ha a che fare la percezione di appartenere al genere opposto a quello fisico: con una percezione pura di quello che è il femminile o il maschile, o piuttosto con la sensazione di non rientrare negli stereotipi di genere? La seconda risposta mi sembra la più probabile. La prima sarebbe valida solo se vivessimo in un mondo senza stereotipi, e purtroppo non è così, anzi.
Il punto focale è proprio questo ultimo che citi, gli stereotipi, tutto è sottoposto a stereotipi nella società che viviamo, la percezione stessa di un maschile e di un femminile scevro da stereotipi è difficoltosa da raggiungere in virtù del mondo nel quale siamo tutte e tutti immersi, e che volente o nolente ci condiziona tutt@ chi più chi meno, chi se ne accorge chi no, liberarsi del costrutto che fa anche leva sugli stereotipi è un lavoro, non è semplice, quindi sono d’accordo con quello che dici.
Quindi, cambiare sesso mi sembra molto più un atto estremo e crudele di adattamento a norme sociali ingiuste che un gesto trasgressivo o rivoluzionario. Mettere e togliere un genere o un altro a capriccio, come sostiene la teoria queer, non è solo assurdo, è anche un mettere etichette in continuazione, come diceva una mia amica. Io non penso mai se quello che faccio è femminile o no. Io sono io, un individuo con le sue contraddizioni e sfaccettature, e basta.
Tra l’altro quello che dice la teoria queer sul mettere e togliere un genere è anche un indossare una maschera, il genere stesso è una maschera che allontana le persone dalla conoscenza di loro stesse e che comunque causa loro anche sofferenza (vale per maschile e femminile secondo me, con il femminile con maggiore sadismo però), e si dici bene, siamo individui, non siamo certo: non puoi fare la muratora perché sei femmina, o non puoi fare…. i maschi le cose attribuite al genere femminile le possono fare tutte non mi viene in mente qualcosa che non possano fare a meno che non sia considerata sempre da una cosa indotta e recepita dalla mente come universale, poco da maschio alpha…. che sò mettere un grembiulino per cucinare? boh ma magari se adatto lo possono mettere, ah si il mammo, o il casalingo, oppure lo stare con una donna che guadagna più di lui, eccone alcune vedi poi mi sono venute in mente.
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Non avevo terminato la frase, quando scrivo:
“e si sarebbe più rivoluzionario”
Intendo rispetto a quello che tu stessa hai detto, concordando con quello che scrivi perché parli di libertà, e di sentire, in tal senso sono d’accordo con te.
E rispondo a questo:
Con cosa ha a che fare la percezione di appartenere al genere opposto a quello fisico: con una percezione pura di quello che è il femminile o il maschile
Nulla per me, in virtù proprio della costruzione di genere, le nostre stesse sensazioni vengono compromesse da canoni, stereotipi etc…. quindi la loro invasività è ampia.
Grazie per questo scambio Irene.
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Grazie a te!
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[…] Diritti trans e libertà d’espressione delle donne […]
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Articolo salvato tra i preferiti Irene, e ti ringrazio, specie in questo momento dove la prassi di bloccare le femministe radicali (e bloccare è un eufemismo visto che tali azioni diventano sempre più violente nei nostri riguardi) sta diventando prassi anche in Italia (basta andare sulla pagina facebook: “in radice per l’Inviolabilità del corpo femminile” per osservare questa cosa) ogni volta che si tenta di parlare di utero in affitto, modello nordico e femminismo radicale o lesbismo, mi piacerebbe poter avere un confronto con te Irene, contattarti, se ti va fammelo sapere.
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Sì, ma non saprei come farti avere il mio indirizzo.
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