Il vento forte nei capelli, un sorriso di perla, gli occhi grandi per specchiarsi nel mondo, per catturarlo.
Oceani e tempeste tra le ossa.
Me la immagino così, Irma Bandiera. Giovane, spettinata. Una di quelle donne che camminano sul mondo con le stelle tra le mani, con mille lucciole sul cuore.
Me la immagino così ogni volta che cammino per le strade della mia variopinta, fricchettona Bologna.
Me la sono immaginata così anche il 25 Aprile, nella ricorrenza della Liberazione, passando di lì quasi per caso e poi fermandomi a guardare i fiori freschi sotto la sua lapide che le hanno dedicato.
E chissà perché, davanti a quei fiori, ci sono rimasta molto. Mi sembrava che avessero ancora troppo da dire, mentre il vento li scuoteva e una pioggia fine li bagnava appena.
Semplici parole che scavano la pietra, su cui più volte mi sono soffermata:
“Irma Bandiera
eroina nazionale1915-1944
Il tuo ideale seppe vincere le torture e la morte
La libertà e la giovinezza offristi
Per la vita e il riscatto del popolo dell’Italia
Solo l’immenso orgoglio attenua il fiero dolore
Dei compagni di lotta
Quanti ti conobbero e amarono
Nel luogo del tuo sacrificio
A perenne ricordo
posero.”
Ho ripensato a ciò che mi hanno sempre raccontato di lei e, mentre mi allontanavo, ho sentito una morsa allo stomaco. Se avessi chiesto ad un qualsiasi passante chi era Irma Bandiera, mi avrebbe saputo rispondere?
Avrebbe saputo rivederla, lì, in quella stessa via?
Non lo so. Ma c’era aria di festa per le strade, sentivo qualcuno fischiettare Bella Ciao, una bandiera italiana rosicchiata dal vento era appesa ad un balcone.
Ho preso fuori l’agenda e ho iniziato a scrivere:
Irma Bandiera, nome di battaglia Mimma. Medaglia d’oro al valor militare.

Nasce a Bologna, l’8 Aprile 1915, da una famiglia benestante. Allegra e decisa, cresce coltivando ideali democratici, si iscrive all’Università. Suo padre, liberale, frequenta gli ambienti antifascisti bolognesi, ai quali, dopo l’8 Settembre 1943 si unirà anche Irma.
È ‘prima fra le donne bolognesi a impugnare le armi’ per la lotta contro il regime fascista (come recita, infatti, la motivazione della Medaglia al valore).
«Prima fra le donne bolognesi a impugnare le armi per la lotta nel nome della libertà, si batté sempre con leonino coraggio. Catturata in combattimento dalle SS. tedesche, sottoposta a feroci torture, non disse una parola che potesse compromettere i compagni. Dopo essere stata accecata fu barbaramente trucidata e il corpo lasciato sulla pubblica via. Eroina purissima degna delle virtù delle italiche donne, fu faro luminoso di tutti i patrioti bolognesi nella guerra di liberazione.» — Meloncello, 14 agosto 1944.
Dapprima staffetta della 7a G.A.P Gianni-Garibaldi, diviene presto combattente attiva, pronta alle azioni più rischiose.
Il 7 Agosto 1944 viene catturata dai fascisti della Tartarotti, dopo aver trasportato armi alla base della sua formazione di Castel Maggiore.
Porta con sé documenti cifrati. Per i carnefici ha una doppia colpa: si rifiutava di rivelare i nomi dei compagni ed è donna.
Per sette giorni i fascisti la torturano, cercando di estorcele informazioni riguardanti i suoi compagni. Operano sul suo corpo sevizie di ogni tipo.
Irma non parla.
Nemmeno quando viene condotta di fronte alla sua casa, dove gli squadristi le dicono: “Lì ci sono i tuoi familiari. Se non parli, non li vedrai più.”
Nemmeno quando viene accecata.
Nemmeno quando la portano al Meloncello di Bologna.
Nemmeno quando la fucilano.
Il suo corpo viene lasciato un intero giorno nella via adiacente alla sua abitazione, come monito per i passanti. Aveva 29 anni.
In suo onore, nell’estate ’44, una formazione di partigiani operanti a Bologna prese il nome di Prima Brigata Garibaldi “Irma Bandiera.”
Dalle parti di Bologna si dice ancora che sul suo viso martoriato, lasciato sulla via, sia rimasta impressa l’ombra di un sorriso.
MorenaFlame
https://iulamarzulli.wordpress.com/2016/04/05/i-prati-sono-fioriti_storie-di-resistenza/
"Mi piace""Mi piace"