Perchè il velo non è femminista

Qualche giorno fa, sull’edizione online di Internazionale, è comparso un video in cui una studentessa londinese musulmana, Hanna Yusuf, spiega perché porta l’hijab. Il video si apre con la frase: “Il mio hijab non ha niente a che fare con l’oppressione. E’ una dichiarazione di femminismo”. L’utente medio (nel caso specifico, me) a questo punto pensa: “Accidenti, la ragazza sembra sicura delle sue argomentazioni. Non avevo mai pensato che un velo potesse essere femminista, ascoltiamo cosa ha da dire”.
Hanna è graziosa, indossa un velo blu elettrico sopra una maglietta di pizzo nero con le braccia trasparenti ed ha gli occhi truccati. Innanzi tutti spiega cosa sia l’hijab (ovvero il velo che lei stessa porta nel video), e poi si chiede innocentemente come una semplice sciarpa possa causare tante diatribe. Dice: “Per molti uomini e donne occidentali questo è un simbolo di oppressione. Ma in un mondo in cui il valore di una donna è spesso ridotto alla sua sensualità, rifiutare questo concetto non è forse un gesto di liberazione?”
Beh, no, non lo è, perchè ci sono molti altri modi per rifiutarsi di apparire sensuali a tutti i costi: indossare una tuta da ginnastica, evitare di depilarsi o di truccarsi, tagliarsi i capelli corti. Sono tutti atti volti alla desensualizzazione della donna, e decisamente più pratici di una sciarpa in testa. Ma andiamo avanti.
Hanna si chiede: “Perchè l’hijab provoca tutto questo clamore?” e pronta arriva la risposta: “Non perchè sia una minaccia ai valori progressisti, ma perchè va contro gli imperativi commerciali che sostengono la cultura del consumismo“.
A questo punto salto dalla sedia. “Eh? Cosa?” Questa affermazione mi sembra quantomeno pretestuosa! Pretendo una spiegazione. Che infatti arriva subito dopo: “Il capitalismo tratta la donna sia come prodotto sia come consumatore. Guardate le pubblicità” (scorrono immagini di spot pubblicitari in cui il corpo della donna è sessualizzato al fine di promuovere l’oggetto in questione). “Le donne con l’hijab non rientrano in questo modello. La loro presunta modestia contrasta con le immagini più commerciali delle donne, come modelle, sex symbols e dipendenti dallo shopping”.
La spiegazione non sta nè in cielo nè in terra. Che la donna occidentale sia ipersensualizzata è un dato di fatto, e la cosa va cambiata, ma la soluzione non può essere coprirsi di più, perchè altrimenti dovremmo andare in giro con un sacco di juta addosso per non farci guardare affatto – cosa che peraltro la ragazza non fa, visto che a parte il velo il resto del suo abbigliamento rispecchia perfettamente i canoni estetici occidentali che tanto disprezza, trucco agli occhi compreso. Ma le donne non possono e non devono vivere in funzione degli uomini, sia in positivo (quindi spogliandosi per apparire più sensuali ai loro occhi) sia in negativo (coprendosi di più per NON apparire più sensuali ai loro occhi).
Ma magari Hanna ha altre frecce nel suo arco: finiamo di vedere il video.
Dopo una (troppo) breve digressione sul fatto che in alcuni paesi in effetti il velo sia imposto alla donna con la violenza, finalmente arriva al punto: “Qualcuno sostiene che coprirsi non può essere un gesto di liberazione” (ah, ecco, lo dice anche lei, menomale)… ma poi aggiunge: “Come in fondo non lo è girare seminude”. Come non detto. “La liberazione è nella scelta. Presumendo che tutte le donne che indossino l’hijab siano oppresse sminuiamo la scelta di quelle che vogliono indossarlo.”
Infine, la conclusione: “Diciamoci la verità. Questa tesi pseudofemminista contro l’hijab rafforza le strutture di potere e va contro i valori femministi che sostiene di difendere. In realtà per molte donne l’hijab è uno strumento per rivendicare e avere pieno controllo del proprio corpo, e questo dà fastidio a molte persone”.
Questo è il punto in cui ho salvato il link per poi poterci scrivere un intervento sopra.
Tanto per cominciare, io non pretendo di sapere le ragioni di ogni singola donna su questo pianeta che decide di mettersi una sciarpa in testa. So però cos’è l’hijab, è un obbligo imprescindibile dettato dalla religione musulmana alle donne, perchè esse manifestino la loro modestia e la loro sottomissione ad Allah e agli uomini. Ci sono molti Paesi del mondo in cui il velo non è una scelta, ma un opprimente obbligo: le donne che decidono di non indossarlo vengono multate pesantemente, se va bene, quando non rinchiuse in prigione per molti anni. Può essere portata a giudizio anche una donna che venga fermata per strada da una pattuglia perchè non lo indossa correttamente. La pagina facebook “My Stealthy Freedom” raccoglie foto di donne iraniane senza velo in segno di protesta, e molte di loro sono state incarcerate per questo atto di ribellione.
Dopodichè, è innegabile che l’hijab ormai non sia più solo un simbolo religioso, ma una tradizione. Per chi vive all’estero, circondato da una cultura non sua e a cui viene richiesta ossessivamente l’integrazione ad ogni costo, pena il biasimo e l’isolamento, mantenere vive le proprie radici può trasformarsi in una priorità. Il velo quindi a volte diventa una rivendicazione orgogliosa della propria provenienza: lo capisco. Perfino io, italiana in Olanda, spesso sento forte il peso del pregiudizio.
Tutto questo però è ben lontano da ciò che dice Hanna: lei parla di rivendicazione femminista. In che modo, quello che è nato, e continua ad essere, il simbolo dell’oppressione religiosa sulla donna, può essere considerato una “liberazione”? Come può una donna, per apparire meno sensuale agli occhi degli uomini, pensare di coprirsi la testa piuttosto che evitare di truccarsi, a meno di pesanti condizionamenti da parte del contesto sociale in cui è cresciuta? Hanna dice che l’hijab è un modo per rivendicare il pieno controllo del proprio corpo: questa cosa non sta nè in cielo nè in terra. Rivendicare il controllo del proprio corpo vuol dire mettersi davanti l’armadio la mattina e scegliere se indossare una gonna corta o lunga, dei jeans aderenti o dei pantaloni da ginnastica, una canotta o un maglione sformato, in base esclusivamente al clima esterno ed al proprio gusto. Vuol dire scegliere se, quando e con chi avere rapporti sessuali. Vuol dire camminare per strada a qualunque ora del giorno e della notte senza vivere nel timore di essere aggredite, insultate o violentate. Questo vuol dire rivendicare la propria libertà. Scegliere cosa indossare per essere più o meno sensuali, più o meno attraenti, significa agire in base agli uomini, al loro giudizio, alla loro libidine. Chi mortifica il proprio aspetto solo per non essere guardata o giudicata in un certo modo sta avallando un modo di pensare che è, ancora una volta, prigioniero di logiche maschiocentriche. Lo testimonia il fatto che moltissime ragazze musulmane, in occidente, pur indossando l’hijab, si truccano in maniera pesantissima, molto più delle loro coetanee laiche, e si mettono tonnellate e tonnellate di profumo. Vogliono essere notate, vogliono essere attraenti, nonostante l’hijab. Dov’è la libertà di scelta? Dov’è la liberazione dagli imperativi commerciali? Io vedo solo una grande ipocrisia, che va a scapito di chi vive l’oppressione del velo tutti i giorni sulla propria pelle.

Irish Coffee

35 commenti

  1. Il tema è interessante e spero ci saranno molti commenti. Quello che più mi ha colpito è che purtroppo sembra che questa ragazza la dicotomia sante/puttane ce l’abbia radicata molto bene in testa e -ahimé- non ne sia per nulla consapevole.

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  2. Tema sempre attualissimo e interessante. E ottima argomentazione! Credo che al giorno d’oggi vengano utilizzati “argomenti di scappatoia” per ovviare al problema. Se davvero il velo è un simbolo femminista, che motivo hanno tutte quelle coraggiose donne musulmane a sfilare senza velo per protesta e subire chissà quali ingiustizie e violenze per un tale atto di ribellione? Mi dispiace ma l’argomentazione di Hanna (anch’essa vittima del capitalismo e delle convenzioni sociali a detta del suo outfit e makeup sotto il velo) fa acqua da tutte le parti!

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  3. Il velo ed erotizzare il corpo sono due facce della stessa medaglia. La medaglia che ti dice chi è il dominante e il dominato. Il punto non è coprirsi o scoprirsi, ma il compiacere se stesse o gli uomini.
    Tutte le religioni monoteiste, rispettano la gerarchia in cui l’uomo risponde a dio e la donna, prima all’uomo e poi a dio.
    Il “femminismo” espresso da questa ragazza, equivale a quello di Valentina Nappi, finalizzato a compiacere lo sguardo maschile, a riconoscere il dominio maschile a percepire e guardarsi con gli occhi dell’uomo a riconoscere la gerarchia “divina”.

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  4. Il tuo post non è lineare nell’argomentare e contrappone a delle frasi che potrebbero essere spiegate meglio nel video delle semplici opinioni basate su aneddotica o partito preso; non certo argomentazioni. Penso che dovresti ripassare le regole della retorica e dell’argomentazione prima di approcciare argomenti complessi.

    1) “Beh, no, non lo è, perchè ci sono molti altri modi per rifiutarsi di apparire sensuali a tutti i costi”
    Dire che ci sono molti altri modi non esclude il primo che nomini. Che argomentazione è?

    2) “indossare una tuta da ginnastica, evitare di depilarsi o di truccarsi, tagliarsi i capelli corti. Sono tutti atti volti alla desensualizzazione della donna, e decisamente più pratici di una sciarpa in testa.”
    Minestrone di cose che travisi totalmente. A parte che evitare di depilarsi è una scelta, non desensualizza. Dove vivo io (Regno Unito) certe donne non si depilano non per non essere sensuali ma per decidere del proprio corpo autonomamente e anzi si sentono sessualmente molto “empowered” per il non depilarsi. Dai un’occhiata all’instagram di Arvida Bystrom e poi mi fai sapere se lei non si depila allo scopo di desensualizzarsi. https://instagram.com/arvidabystrom/
    stessa cosa vale per truccarsi e tagliarsi i capelli corti. che ipersemplificazione.

    3) “Che la donna occidentale sia ipersensualizzata è un dato di fatto, e la cosa va cambiata, ma la soluzione non può essere coprirsi di più, perchè altrimenti dovremmo andare in giro con un sacco di juta addosso per non farci guardare affatto”
    Intanto in italiano si direbbe che…. sia… vada. Non “va”. E poi anche tu butti lì una frase così e non è affatto spiegata. Che significa la cosa va cambiata? e cambiata come? e come fai a cambiare una cosa che non è in tuo potere e che dipende dalla libera scelta di persone che sono altro da te?
    E poi lei non dice che bisognerebbe girare con un sacco di juta addosso o che bisogna coprirsi di più. Dice che usa l’hijab per comunicare una cosa ben precisa. Solo l’hijab. Non parla di burqa nè sacchi di juta. E’ un simbolo per lei. E a livello simbolico indossarlo comunica modestia. Fine.

    4) “a parte il velo il resto del suo abbigliamento rispecchia perfettamente i canoni estetici occidentali che tanto disprezza, trucco agli occhi compreso”
    Guarda che anche in Oriente hanno abiti elaborati, pizzi merletti schiccherie e cosmetici. E poi questa parola “disprezza” la stai usando tu, lei non disprezza alcunchè. Lei spiega la sua scelta. Dice che si differenzia coprendosi il capo e non mettendo i mostra la mercanzia scoprendosi. Non sta dicendo che si debba vestire tutta di nero e nel modo più inutile ed anonimo possibile. Sta dicendo che non vuole scoprirsi. E’ ben diverso.

    5) “Ma le donne non possono e non devono vivere in funzione degli uomini, sia in positivo (quindi spogliandosi per apparire più sensuali ai loro occhi) sia in negativo (coprendosi di più per NON apparire più sensuali ai loro occhi)”
    Ma come, non eri tu a nominare gli “atti volti alla desensualizzazione”?

    6) “So però cos’è l’hijab, è un obbligo imprescindibile dettato dalla religione musulmana alle donne, perchè esse manifestino la loro modestia e la loro sottomissione ad Allah e agli uomini.”
    Tu pensi di sapere. O sei una studiosa di Islam? Se è un “obbligo imprescindibile” allora perchè molte musulmane decidono di non indossarlo e non hanno nessun problema a farlo (nei paesi liberali)?

    7) “Ci sono molti Paesi del mondo in cui il velo non è una scelta, ma un opprimente obbligo: le donne che decidono di non indossarlo vengono multate pesantemente, se va bene, quando non rinchiuse in prigione per molti anni.”
    E questo lei lo dice già e questo tuo ribadire nel dettaglio è una fallacia argomentativa che vizia il dibattito e lo infarcisce di elementi retorici inutili ai fini dell’argomentazione. E’ chiaro che lei si riferisca alla libera scelta di una libera donna in un paese liberale e sa benissimo che ci sono paesi in cui le cose stanno diversamente.

    8) “Dopodichè, è innegabile che l’hijab ormai non sia più solo un simbolo religioso, ma una tradizione. Per chi vive all’estero, circondato da una cultura non sua e a cui viene richiesta ossessivamente l’integrazione ad ogni costo, pena il biasimo e l’isolamento, mantenere vive le proprie radici può trasformarsi in una priorità. Il velo quindi a volte diventa una rivendicazione orgogliosa della propria provenienza: lo capisco.”
    Tu capisci tutto e sai tutto. Buon per te. Ma lei non ha nominato niente di queste cose. Quindi forse invece di star lì a fare le tue congetture potresti semplicemente prendere per buono ciò che ti sta dicendo lei. Altrimenti a che serve discutere se tu hai già capito tutto e sai tutto e presumi tutto.

    9) “In che modo, quello che è nato, e continua ad essere, il simbolo dell’oppressione religiosa sulla donna, può essere considerato una “liberazione”?”
    Ancora una volta… un pregiudizio. Vorrei sapere quanti libri sul Corano e l’Islam tu abbia letto per pontificare in questo modo.

    10) “Come può una donna, per apparire meno sensuale agli occhi degli uomini, pensare di coprirsi la testa piuttosto che evitare di truccarsi”
    Come può una donna pensare di poter decidere per tutte le donne qual è il modo più appropriato per desensualizzarsi?

    11) “Hanna dice che l’hijab è un modo per rivendicare il pieno controllo del proprio corpo: questa cosa non sta nè in cielo nè in terra.”
    Certo, tu tanto sai tutto. Ciò che esula dal tuo pensiero non sta nè in cielo nè in terra. Peccato che anche le tue presunte argomentazioni logiche non stiano in cielo nè in terra. Ma proprio dal punto di vista retorico, non perchè l’ho deciso io dall’alto della mia presunzione.

    12) “Rivendicare il controllo del proprio corpo vuol dire mettersi davanti l’armadio la mattina e scegliere se indossare una gonna corta o lunga, dei jeans aderenti o dei pantaloni da ginnastica, una canotta o un maglione sformato, in base esclusivamente al clima esterno ed al proprio gusto.”
    Grazie, meno male che ci sei tu a spiegarci cosa significhi rivendicare il controllo del proprio corpo. Che poi ancora una volta: se per te rivendicare il controllo del proprio corpo significa scegliere qualcosa dal proprio armadio in base al proprio gusto non puoi ammettere neanche vagamente che il suo gusto e la sua libera scelta sia di indossare l’hijab? No, niente. Non ce la fai. Ti autocontraddici da sola. Le scelte nell’armadio devono essere esclusivamente tra indumenti che tu ritieni idonei.

    12) “Scegliere cosa indossare per essere più o meno sensuali, più o meno attraenti, significa agire in base agli uomini, al loro giudizio, alla loro libidine.”
    Ma invece voler essere sensuali per essere sensuali non è una possibilità? Decidere di trovarsi belle con i peli incolti ovunque non è una possibilità?

    13) “Lo testimonia il fatto che moltissime ragazze musulmane, in occidente, pur indossando l’hijab, si truccano in maniera pesantissima, molto più delle loro coetanee laiche, e si mettono tonnellate e tonnellate di profumo. Vogliono essere notate, vogliono essere attraenti, nonostante l’hijab.”
    Intanto scrivi “laiche” per oppone musulmane ad un enorme gruppo di donne che invece possono essere atee cattoliche buddiste o agnostiche. Le parole sono importanti e tu le usi male. Inoltre questa è una fallacia basata sull’evidenza aneddotica. Vorresti attaccare il ragionamento di un ragazza prendendo come prova inconfutabile il presunto comportamento (aneddotica) di alcune ragazze (neanche tutte, solo quelle che hai visto tu) che quella ragazza neanche la conoscono e non hanno nulla a che fare con lei. Se questo ti sembra un modo pulito per costruire un’argomentazione hai qualche problema.

    Ti consiglio due cose. Uno, la prossima volta che vuoi scrivere un articolo che argomenti riguardo qualcosa fai prima uno schema, una mappa concettuale. Perchè non fai che ripeterti e anche contraddirti. Due, impara a non cadere nelle fallacie logiche. https://yourlogicalfallacyis.com/pdf/LogicalFallaciesInfographic_A3.pdf

    Dopodichè riprovaci ancora. Magari ti renderai conto che non è così semplice come sembra.

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    • Il tuo commento è fazioso e volutamente provocatorio, penso che dovresti ripassare un po’ di netiquette e farti una cultura su ciò di cui parli, perchè dalle tue obiezioni si evince chiaramente che basi le tue argomentazioni su ipotetiche falle nella mia retorica, non sulla veridicità di ciò che dico.

      1) Hai riportato la mia frase in maniera parziale; infatti dopo aggiungevo che ci sono dei modi molto più pratici di un hijab per desensualizzarsi; quindi, non lo escludevo, lo mettevo semplicemente in fondo ad una ipotetica lista di atti che una donna può compiere. Obiezione faziosa e decontestualizzata.

      2) Evitare di depilarsi è una scelta che può essere fatta per diversi motivi, sia per desensualizzarsi secondo i canoni sociali vigenti, sia per “decidere del proprio corpo autonomamente” e sentirsi “empowered”. Nessuna di queste motivazioni esclude l’altra, e lo stesso discorso può farsi per il truccarsi e per i capelli corti. In che modo, di grazia, avrei travisato? Piuttosto sei tu che, per portare acqua al tuo mulino, non rispetti le regole logiche di cui ti fai forte.

      3) L’italiano è corretto, rileggi la frase con attenzione, se devi fare il grammar nazi almeno fallo bene.
      “Che significa la cosa va cambiata? e cambiata come? e come fai a cambiare una cosa che non è in tuo potere e che dipende dalla libera scelta di persone che sono altro da te?” —–> Hai ragione, che senso ha vivere, tanto non posso in nessun modo fare nulla per cambiare la realtà che mi circonda perchè dipende completamente da scelte di persone che sono altro da me. Mi hai convinto, vado a suicidarmi.
      Ma ci hai pensato, prima di scrivere queste cose?
      Lei non dice che bisogna indossare sacchi di juta, sono io a fare quello che si chiama un “parallelismo”.
      Per lei sarà anche un simbolo, ma non può pretendere che gli altri gli diano lo stesso significato che gli dà lei, perchè il significato dell’hijab non è modestia, bensì sottomissione all’uomo e a Dio.

      4) Il fatto che disprezzi l’immagine commerciale della donna è implicito nel video; che la rifiuta, invece, è detto esplicitamente (almeno a parole). Lei dice di indossare il velo per contrastare appunto quest’immagine commerciale e consumistica, che però provvede a riconfermare con il resto del suo abbigliamento. Questa è la contraddizione, ma a questo punto credo che tu abbia colto perfettamente il punto e stia solo cercando di fare il bastian contrario.

      5) Il fatto che citi degli atti volti alla desensualizzazione non implica che li ritenga il modo migliore di agire. Mi limito a riportarli, tutto qui. Le due cose non entrano in contraddizione. Obiezione illogica.

      6) Io SO, non “penso di sapere”, perchè ho studiato questi argomenti, ho molti amici musulmani praticanti (o sposati con musulmani praticanti), e so anche che l’hijab è un obbligo imprescindibile che spesso viene disatteso dai musulmani non praticanti, esattamente come i cristiani spesso disattendono all’obbligo della comunione la domenica. Tu, invece, cosa sai a questo proposito?

      7) Lei non parla affatto delle conseguenze del non indossare il velo nei paesi in cui è obbligatorio, cita l’argomento distrattamente, ed io, nel mio articolo, ho ritenuto opportuno riportarvi l’attenzione vista la rilevanza ai fini del dibattito (perchè il fatto E’ MOLTO RILEVANTE, a differenza di quanto sostieni tu). In ogni caso, non c’è bisogno di andare lontano per trovare donne che subiscono il velo come un obbligo:
      http://www.corriere.it/cronache/12_agosto_17/caldo-toglie-velo-marito-picchia_a4dc6c78-e85f-11e1-a0d6-4062e922f4c6.shtml

      8) Perchè, secondo te, nello scrivere l’articolo mi sarei dovuta attenere pedissequamente alle frasi dette nel video? Questo è un tuo errore logico. Ho ampliato il discorso ad altre possibili motivazioni per indossare l’hijab per spiegare con chiarezza qual è la mia posizione in proposito, non ho affatto preteso di intuire sottotesti in ciò che Hanna dice nel video. Obiezione iper-faziosa.

      9) Ancora una volta… un TUO pregiudizio. Vorrei sapere tu cosa sai di me che ti lasci pensare che tutto ciò che dico sull’Islam sia una chiacchiera da salotto. Io so ciò di cui sto parlando, e tu?

      10) “Come può una donna pensare di poter decidere per tutte le donne qual è il modo più appropriato per desensualizzarsi?” —-> Non posso deciderlo nè pretendo di farlo, sto solo ipotizzando, IN QUANTO DONNA, che, per quanto sbagliato sia vivere in funzione degli sguardi degli uomini (in questo caso, evitarli), in ogni caso, volendolo fare con la mente scevra da condizionamenti culturali e sociali, ci sono un’infinità di modi meno scomodi e più pratici. Ma a te delle donne non te ne frega niente, suppongo, vuoi solo polemizzare in maniera sterile.

      11) Io credo invece che tu stia decidendo la validità delle mie argomentazioni proprio dall’alto della tua presunzione, perchè dal punto di vista retorico esse sono più che valide.

      12) Le scelte nell’armadio di una donna riguardano la donna e basta, non mè ne nessun altro, in nessun punto dell’articolo affermo che una donna non dovrebbe indossare l’hijab, contesto solo il suo uso come simbolo femminista… ma a questo punto ho parecchi dubbi sulla tua capacità di comprensione del testo (cosa che di solito insegnano a fare in quarta elementare, se non sbaglio).

      13) Ma come, quando dico che “moltissime ragazze musulmane, pur indossando l’hijab, si truccano in maniera pesantissima e si mettono tonnellate e tonnellate di profumo” è una fallacia basata sull’evidenza aneddotica, e quando invece tu mi fai graziosamente notare che “anche in Oriente hanno abiti elaborati, pizzi merletti schiccherie e cosmetici” sei un sofista d’alta classe? Io mi baso su dati commerciali di aziende e marchi di cosmetici che periodicamente pubblicano le loro statistiche di vendita. Ed inoltre, si, anche su ciò che vedo, compresa la stessa ragazza del video. Tu invece presumi, presumi, presumi. Dai per scontato che io non sappia ciò di cui sto parlando. Non voglio pensare che sia perchè sono una donna; probabilmente, sei solo molto presuntuoso, a prescindere dal sesso di chi ti trovi davanti.

      Ti consiglio due cose. Uno, la prossima volta che vuoi contestare un articolo che parla di cose che non sai, non dare per scontato che anche l’autore non sappia ciò di cui sta parlando, piuttosto magari informati bene prima.

      Due: non scrivere commenti troppo lunghi, corri il rischio di contraddirti da solo, come hai fatto adesso.

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      • uno: sono una donna. non hai neanche fatto lo sforzo di andare a guardare il mio blog per sapere chi fossi.
        due: sto per uscire, non posso risponderti ora.
        tre: leggitelo quel link. mica te l’ho mandato per fare la saputella. anche a me l’hanno mandato in risposta ad una mia argomentazione fallace e mi è stato molto utile. te lo dico perchè ad occhio e croce dando una scorsa veloce hai risposto di nuovo cadendo nelle stesse fallacie non capendo spesso il punto della mia critica.

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      • uno: no, non l’ho fatto. perchè avrei dovuto? tu sei andata a leggere il mio profilo prima di commentare?
        due: se non me l’hai mandato per fare la saputella mi fa piacere, ma ti assicuro che hai fatto di tutto per dare quell’impressione. inoltre, sei sicura di non essere tu a non aver capito il punto dell’articolo?

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      • Carissima

        vedo che il post e’ di un anno fa e quindi forse e’ tardi ma…

        “So però cos’è l’hijab, è un obbligo imprescindibile dettato dalla religione musulmana alle donne”

        Erm…no.

        l’Hijab – e qualunque altra forma di velo – non e’ un “obbligo imprescindibile della religione musulmana”, tanto che il Corano nemmeno lo menziona. Tanto che molte musulmane praticanti non lo usano. Per esempio nell’Iran pre-rivoluzione non veniva usato (ma volendo ci sono altri esempi).
        C’e’ il discorso della “modestia”, ma viene interpretato in molti modi.

        l’Hijab e gli altri veli sono forme culturali pre-islamiche. Il che spiega perche’ siano diffuse in maniera irregolare e le variazioni. Cosi’ come le prossimita’ a prassi di altre religioni (come ad esempio l’uso di parrucche o fazzoletti per le donne sposate delle comunita’ ebraiche hasidic.

        Non sono affatto d’accordo con tutto quello che dice Hanna, pero’ ha una sua ragione d’essere la sua argomentazione – il fatto che si possa scegliere e che la scelta possa non essere la stessa per tutti.

        E in ogni caso perpetuare una costruzione monolitica dell’Islam non penso possa aiutare la comprensione reciproca, non credi?

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    • A proposito di fallacie logiche, dopo questo minestrone spocchioso, cosa vuoi dire che il velo è una scelta di libertà o che è una cosa complessa che noi non possiamo capire? Perché non l’ho capito.

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  5. (c’erano dei refusi nel primo commento, questo è quello definitivo. chiedo venia)
    Il tuo post non è lineare nell’argomentare e contrappone a delle frasi che potrebbero essere spiegate meglio nel video delle semplici opinioni basate su aneddotica o partito preso; non certo argomentazioni. Penso che dovresti ripassare le regole della retorica e dell’argomentazione prima di approcciare argomenti complessi.

    1) “Beh, no, non lo è, perchè ci sono molti altri modi per rifiutarsi di apparire sensuali a tutti i costi”
    Dire che ci sono molti altri modi non esclude il primo che nomini. Che argomentazione è?

    2) “indossare una tuta da ginnastica, evitare di depilarsi o di truccarsi, tagliarsi i capelli corti. Sono tutti atti volti alla desensualizzazione della donna, e decisamente più pratici di una sciarpa in testa.”
    Minestrone di cose che travisi totalmente. A parte che evitare di depilarsi è una scelta, non desensualizza. Dove vivo io (Regno Unito) certe donne non si depilano non per non essere sensuali ma per decidere del proprio corpo autonomamente e anzi si sentono sessualmente molto “empowered” per il non depilarsi. Dai un’occhiata all’instagram di Arvida Bystrom e poi mi fai sapere se lei non si depila allo scopo di desensualizzarsi. https://instagram.com/arvidabystrom/
    stessa cosa vale per truccarsi e tagliarsi i capelli corti. che ipersemplificazione.

    3) “Che la donna occidentale sia ipersensualizzata è un dato di fatto, e la cosa va cambiata, ma la soluzione non può essere coprirsi di più, perchè altrimenti dovremmo andare in giro con un sacco di juta addosso per non farci guardare affatto”
    Intanto in italiano si direbbe che…. sia… vada. Non “va”. E poi anche tu butti lì una frase così e non è affatto spiegata. Che significa la cosa va cambiata? e cambiata come? e come fai a cambiare una cosa che non è in tuo potere e che dipende dalla libera scelta di persone che sono altro da te?
    E poi lei non dice che bisognerebbe girare con un sacco di juta addosso o che bisogna coprirsi di più. Dice che usa l’hijab per comunicare una cosa ben precisa. Solo l’hijab. Non parla di burqa nè sacchi di juta. E’ un simbolo per lei. E a livello simbolico indossarlo comunica modestia. Fine.

    4) “a parte il velo il resto del suo abbigliamento rispecchia perfettamente i canoni estetici occidentali che tanto disprezza, trucco agli occhi compreso”
    Guarda che anche in Oriente hanno abiti elaborati, pizzi merletti sciccherie e cosmetici. E poi questa parola “disprezza” la stai usando tu, lei non disprezza alcunchè. Lei spiega la sua scelta. Dice che si differenzia coprendosi il capo e non mettendo in mostra la “mercanzia” scoprendosi. Non sta dicendo che si debba vestire tutta di nero e nel modo più inutile ed anonimo possibile. Sta dicendo che non vuole scoprirsi. E’ ben diverso.

    5) “Ma le donne non possono e non devono vivere in funzione degli uomini, sia in positivo (quindi spogliandosi per apparire più sensuali ai loro occhi) sia in negativo (coprendosi di più per NON apparire più sensuali ai loro occhi)”
    Ma come, non eri tu a nominare gli “atti volti alla desensualizzazione”?

    6) “So però cos’è l’hijab, è un obbligo imprescindibile dettato dalla religione musulmana alle donne, perchè esse manifestino la loro modestia e la loro sottomissione ad Allah e agli uomini.”
    Tu pensi di sapere. O sei una studiosa di Islam? Se è un “obbligo imprescindibile” allora perchè molte musulmane decidono di non indossarlo e non hanno nessun problema a farlo (nei paesi liberali)?

    7) “Ci sono molti Paesi del mondo in cui il velo non è una scelta, ma un opprimente obbligo: le donne che decidono di non indossarlo vengono multate pesantemente, se va bene, quando non rinchiuse in prigione per molti anni.”
    E questo lei lo dice già e questo tuo ribadire nel dettaglio è una fallacia argomentativa che vizia il dibattito e lo infarcisce di elementi retorici inutili ai fini dell’argomentazione. E’ chiaro che lei si riferisca alla libera scelta di una libera donna in un paese liberale e sa benissimo che ci sono paesi in cui le cose stanno diversamente.

    8) “Dopodichè, è innegabile che l’hijab ormai non sia più solo un simbolo religioso, ma una tradizione. Per chi vive all’estero, circondato da una cultura non sua e a cui viene richiesta ossessivamente l’integrazione ad ogni costo, pena il biasimo e l’isolamento, mantenere vive le proprie radici può trasformarsi in una priorità. Il velo quindi a volte diventa una rivendicazione orgogliosa della propria provenienza: lo capisco.”
    Tu capisci tutto e sai tutto. Buon per te. Ma lei non ha nominato niente di queste cose. Quindi forse invece di star lì a fare le tue congetture potresti semplicemente prendere per buono ciò che ti sta dicendo lei. Altrimenti a che serve discutere se tu hai già capito tutto e sai tutto e presumi tutto.

    9) “In che modo, quello che è nato, e continua ad essere, il simbolo dell’oppressione religiosa sulla donna, può essere considerato una “liberazione”?”
    Ancora una volta… un pregiudizio. Vorrei sapere quanti libri , articoli e dibattiti sul Corano e l’Islam tu abbia letto per pontificare in questo modo.

    10) “Come può una donna, per apparire meno sensuale agli occhi degli uomini, pensare di coprirsi la testa piuttosto che evitare di truccarsi”
    Come può una donna pensare di poter decidere per tutte le donne qual è il modo più appropriato per desensualizzarsi?

    11) “Hanna dice che l’hijab è un modo per rivendicare il pieno controllo del proprio corpo: questa cosa non sta nè in cielo nè in terra.”
    Ciò che esula dal tuo pensiero non sta nè in cielo nè in terra. Peccato che anche le tue presunte argomentazioni logiche non stiano in cielo nè in terra. Ma proprio dal punto di vista retorico, non perchè l’ho deciso io dall’alto della mia presunzione.

    12) “Rivendicare il controllo del proprio corpo vuol dire mettersi davanti l’armadio la mattina e scegliere se indossare una gonna corta o lunga, dei jeans aderenti o dei pantaloni da ginnastica, una canotta o un maglione sformato, in base esclusivamente al clima esterno ed al proprio gusto.”
    Grazie, meno male che ci sei tu a spiegarci cosa significhi rivendicare il controllo del proprio corpo. Che poi ancora una volta: se per te rivendicare il controllo del proprio corpo significa scegliere qualcosa dal proprio armadio in base al proprio gusto non puoi ammettere neanche vagamente che il suo gusto e la sua libera scelta sia di indossare l’hijab? No, niente. Non ce la fai. E poi ti autocontraddici da sola. Le scelte nell’armadio devono essere esclusivamente tra indumenti che tu ritieni idonei.

    12) “Scegliere cosa indossare per essere più o meno sensuali, più o meno attraenti, significa agire in base agli uomini, al loro giudizio, alla loro libidine.”
    Ma invece voler essere sensuali per essere sensuali non è una possibilità? Come anche decidere di trovarsi sensuali con i peli incolti ovunque, non è una possibilità?

    13) “Lo testimonia il fatto che moltissime ragazze musulmane, in occidente, pur indossando l’hijab, si truccano in maniera pesantissima, molto più delle loro coetanee laiche, e si mettono tonnellate e tonnellate di profumo. Vogliono essere notate, vogliono essere attraenti, nonostante l’hijab.”
    Intanto scrivi “laiche” per oppone musulmane ad un enorme gruppo di donne che invece possono essere atee cattoliche buddiste o agnostiche. Le parole sono importanti e tu le usi male. Inoltre questa è una fallacia basata sull’evidenza aneddotica. Vorresti attaccare il ragionamento di un ragazza prendendo come prova inconfutabile il presunto comportamento (aneddotica) di alcune ragazze (neanche tutte, solo quelle che hai visto tu) che quella ragazza neanche la conoscono e non hanno nulla a che fare con lei. Se questo ti sembra un modo pulito per costruire un’argomentazione hai qualche problema.

    Ti consiglio due cose. Uno, la prossima volta che vuoi scrivere un articolo che argomenti riguardo qualcosa fai prima uno schema, una mappa concettuale. Perchè in questo articolo non fai che ripeterti e anche contraddirti. Due, impara a non cadere nelle fallacie logiche. https://yourlogicalfallacyis.com/pdf/LogicalFallaciesInfographic_A3.pdf

    Dopodichè riprovaci ancora. Magari ti renderai conto che non è così semplice come sembra.

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    • La mia risposta la trovi sotto il primo commento. Comunque complimenti, in questo sei perfino più borioso! Una curiosità: ti comporti così anche quando parli con le persone dal vivo? Puoi obiettivamente dire di esserti comportato in modo educato e rispettoso della mia persona? Sono sinceramente curiosa.

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  6. il fatto che lei sia graziosa è truccata non è un problema, sono fatti suoi. e l’iper-sessualizzazione è un falso problema: le donne si depilano o meno, sono sensuali o meno come ritengono e quando lo ritengono.
    Le critiche che mi sento di muovere al video sono queste: tenga pure il velo ma non insulti la mia intelligenza rivendicando tradizioni religiose come “lotta anti-consumista”Altrimenti le suore diventeranno Che Guevara di questo passo! Vuol portare il velo? lo porti, ma se lei è libera lo sono anche le ragazze occidentali in shorts e minigonna che si depilano e fanno shopping (le ragazze musulmane non lo fanno? Ma per favore!) e lei sbaglia a pensare che siano tutte sottomesse al consumismo occidentale. Le ragazze che i suoi correligionari (e non solo loro ahimè) bollano come puttane” sono libere come lo è lei. e la sensualità non è riduttiva! E’ una cosa umana ed esprimere sensualità è bellissimo ed è un diritto, le ragazze che si esprimono anche sessualmente in una maniera che forse questa signorina non approva sono libere quanto lei. Suggerirei alla signorina di fare quattro chiacchere con Ayaan Hirsi Ali e Abnousse Shalmani. Comunque le figlie delle donne “occidentali” senza velo e con la minigonna non vengono ripudiate o uccise se si coprono. La figlia di una libera signora musulmana e velata può dire lo stesso qualora volesse mettersi la minigonna o abbandonare l’islam? Non credo, o meglio mi pare che i musulmani osservanti che non vanno in crisi se le figlie non seguono certe “tradizioni” riguardo agli abiti siano pochi.Il punto è questo: la minigonna è laica, il velo no e fuori dalla laicità non c’è libertà

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  7. sinceramente sono d’accordo con te su molti punti di vista… io sono una ragazza di 16 anni musulmana … adesso vorrei soltanto dirti due cose così …uno non si chiama sciarpa ma velo e se parliamo in modo più tecnico hijab e due Il velo secondo alcune scuole giuridiche non é un obbligo. E tre nel Corano non c’è scritto da nessuna parte che le donne devono sottomettersi all’uomo …anche perche il Corano si basa su un idea paritaria sugli entrambi i sessi . mi dispiace un mondo che si pensi questo ma come posso biasimarvi se ancora molti paesi arabi non l’hanno capito…

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  8. Concordo con unanonimoprocione, questo articolo trasuda pregiudizio e una certa dose di, penso involontario, etnocentrismo. Credo che una grande mancanza sia la presa in considerazione del contesto storico, che cambia del tutto la prospettiva sia sul hijab che sulla “liberazione” delle donne.
    Corano, Bibbia e Torah hanno in comune molte cose, tra cui il fatto che le donne devote devono coprirsi la testa (e infatti le donne musulmane praticanti, le suore cattoliche e le ebree ortodosse hanno tutte in comune il fatto di coprirsi i capelli). La questione dunque non è di tipo religioso, ma di tipo storico. Cioè riguarda il modo in cui la storia di un dato paese e la storia di una data persona si sono sviluppate.
    La mia prozia (calabrese) ha indossato l’abito nero del lutto per 8 anni dopo la morte di suo fratello. È stata costretta con la violenza? No. È stata una sua scelta libera e autodeterminata? Difficile da stabilire, visto che la pressione sociale di un paesino sperduto sulle colline può essere effettivamente molto forte.
    Io invece sono cresciuta in città, da genitori atei e progressisti e da una madre femminista che non mi ha mai imposto né giochi da bambina, né frizzi e lazzi da principesse. Sono una donna indipendente e libera? Mi piace pensarlo, ma la verità è che ogni volta che provo a ribellarmi alle imposizioni estetiche sul mio corpo (tipo depilarmi), quando esco di casa mi vergogno un casino, e generalmente alla fine cedo all’imbarazzo e torno a depilarmi.
    Quanto alle donne musulmane, soprattutto quelle immigrate in un paese occidentale, ai due tipi di imposizione a cui siamo sottoposte io e la mia prozia (cioé quella estetica e quella tradizionalista) si aggiunge una questione identitaria che è tutt’altro che a-problematica. Il velo allora diventa anche una forma di affermazione di sé in opposizione a un’omologazione forzata alla società occidentale, e non è affatto diverso da altre forme di resistenza. I capelli rasati, un esempio che tu nomini, sono stati per lungo tempo strumento di violenza contro le donne, ad esempio per le schiave, o le donne rinchiuse nei manicomi, e contro gli uomini, ad esempio a spese dei nativi americani per mano dei colonizzatori cristiani), ma sono anche stati usati come forma di ribellione ai capelli lunghi e lisci che erano la moda dominante. Allo stesso tempo, però, sono diventati essi stessi una moda e ora i tagli corti e rasati sono normalmente offerti da ogni parrucchiere.
    Tutto questo per dire che non esistono cose “liberatorie” o “rivoluzionarie” o “oppressive” in senso assoluto. Esistono significati che cambiano in base al contesto storico e sociale in cui sono introdotte. Indossare l’hijab in Iran non è rivoluzionario (anzi, è un obbligo) né femminista, mentre indossare l’hijab in Europa o il burkini a Cannes è un atto di empowerment di donne che abitano due identità e non vogliono rinunciare a nessuna delle due. La scelta di farsi suore non è certo una scelta femminista, ma sicuramente lo è stata per tutte quelle donne che hanno scelto il convento per sottrarsi a un matrimonio obbligatorio.
    Chiudo questo pippone con un commento a quello che secondo me è l’aspetto più fastidioso (e meno femminista) dell’articolo. Nessuno (e nessuna) ha il diritto di stabilire quali siano i modi più corretti di reagire all’oppressione. In una società che condanna le donne alla reificazione e alla commercializzazione del corpo, ogni atto che si oppone a questa imposizione è legittimo. Non depilarsi non ha più valore del rifiutarsi di spogliarsi. E soprattutto vorrei vedere quante, delle donne che dicono che indossare il velo è cedere a un’imposizione, di fatto girino per strada con le gambe pelose. Perché se non siamo in grado di accollarci lo stigma legato al non depilarci, allora dovremmo come minimo tenere la bocca chiusa di fronte a chi non si accolla altri tipi di stigma.
    Chiudo con un altro aneddoto personale. L’estate scorsa ho lavorato in un campeggio nudista dove la nudità era assolutamente obbligatoria. Talmente tanto che ogni capo di vestiario veniva prontamente segnalato in ufficio dai solerti campeggiatori, come è successo ad esempio nel caso di una ragazzina adolescente, in vacanza con i genitori e il fratellino, che non ne voleva sapere di togliersi il costume. La mia collega ha dovuto andare a dire ai genitori che dovevano convincerla a spogliarsi o avrebbe dovuto restare in tenta anziché farsi il bagno con il fratellino, e lei allora se n’è andata in tenda. Ecco. Io ho vissuto la mia esperienza al campeggio come assolutamente liberatoria. Per la prima volta ero nuda davanti a tantissimi sconosciuti altrettanto nudi senza che ciccia, cellulite, dimensioni e forma fossero un problema. È stato fantastico e credo che tutti (e soprattutto tutte) dovrebbero provarlo. Sono però abbastanza certa che la ragazzina invece l’abbia vissuta molto male, e che, potendo scegliere, non vorrà ripetere l’esperienza. La liberazione non si può imporre, è qualcosa che ognuna di noi trova secondo i suoi tempi e i suoi metodi. E soprattutto, quello che libera me non è detto che liberi le altre.

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  9. il tema è davvero interessante e si pone naturalmente a diverse interpretazioni, perché abbraccia questioni che non si limitano alla sola libertà della donna, ma riguardano anche la società e la laicità

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