Corredi di pizzo, cucinette in miniatura e altre amenità

Forse non lo sai, finché non ne hai coscienza. Non sai manco darle un nome, non hai ancora un lessico appropriato, ma quando acquisti la consapevolezza dovuta, è come vedere la vita a colori. La chiami ingiustizia quella serie di fatti sociali che ti fanno sentire diversa dall’altra metà della popolazione.

Julia con il suo cicciobello
Julia con il suo cicciobello

Le femmine sono diverse dagli uomini, le femmine non possono farlo! E giù tutta una serie di fatti normati: non possono vestirsi in un certo modo, sedersi in un certo modo, parlare in un certo modo. Le femmine non possono dire le parolacce, non si confà loro. Le femmine devono giocare con giochi da femmine che riproducono i lavori delle loro mamme e zie: badare al cicciobello (anche quando è nero), preparare il pranzo nella cucinetta in miniatura, stirare i panni e spazzare per terra.

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Ma io sono venuta al mondo nell’anno in cui, per la prima volta, migliaia di donne si riversavano nelle strade e nelle piazze. É come se, assieme al piombo della fonderia che dominava l’orizzonte del mio paese natio, mi fosse stata inoculata, a dosi sempre maggiori, un’iniezione di femminismo!

Fortuna che ho avuto una madre attenta, anche senza volerlo, alle differenze di genere: turni per lavare i piatti distribuiti equamente tra i suoi figli e “che ognuno si rifacesse il proprio letto!”. Poi però passavano i rappresentanti rampanti, quelli che avevano un cofano pieno di obbrobriosi asciugamani di pizzo e parure dai colori improbabili. E lì mi ripiombava addosso lo stigma sociale che ero una femmina e che sarei diventata una donna: la mia vita futura era già decisa dalla società e da una cultura millenaria. Corredo uguale matrimonio uguale figli e una vita ordinaria, magari al paesello di diecimila abitanti. Credo di essere diventata femminista in quell’istante, rifiutando uno stereotipo che ti bollava la carne come una cittadina di serie B! Così a scuola ignoravo le mie compagnette e giocavo a calcio coi maschi. Perché non vieni a giocare a mammina con noi? Perché non è un gioco! Sapevo solo questo, all’epoca. Mi sono sempre battuta contro questa divisione sociale, fino a spingermi ad emulare i combattimenti di cani randagi, accapigliandomi ferocemente con ragazzine e ragazzini. Non c’era nulla che le donne non potessero fare per me, il difficile era farlo capire agli altri!

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Ma qual è la scintilla che un giorno ha acceso tutto? Julia è femminista da sempre, anche quando non sapeva di esserlo. Per Jenny è una condizione naturale dell’essere e per l’altra amica Giulia, la genetica ha fatto molto: la mamma e prima ancora la nonna, quando cercò di prendere in gestione una latteria, senza la firma del marito. Pina è sempre stata un enfant terrible e bellissima: si sentiva femminista fin da piccola, poi con l’età si è cronicizzata, ponendo fine ad un rapporto di potere e violenza psicologica, mascherato da relazione amorosa.

C’è chi lo è diventato per reazione chi per uno stato naturale. Nessuna è frustrata sessualmente, nessuna somiglia alla figlia di Fantozzi, nessuna soffre di misandria, nessuno stato d’isteria conclamato da un TSO. Vi assicuro: stanno tutte bene! Ma vivrebbero meglio se cadessero definitivamente certi pregiudizi, se avessero accesso agli stessi diritti come carriera lavorativa e salario, se una gran parte della popolazione smettesse di esercitare il potere del pensiero agito con i genitali piuttosto che con la materia grigia. “L’intelligenza non ha sesso” recitava un vecchio slogan. E nemmeno genere, aggiungerei io. Mettetevelo nella zucca!

E voi? Come siete diventate femministe? Qual è la prima volta che avete sentito parlare di femminismo? Si accettano racconti, aneddoti e punti di vista…

Babita

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18 commenti

  1. Proverò a dire due parole: Sono cresciuta in campagna, praticamente ero sola, il mio primo impatto con le altre bambine e bambini è stato traumatico, nascondevo la mia timidezza e inadeguatezza con l’arroganza e la violenza. Facevo a botte con tutti. In più avevo una maestra anziana, vecchio stampo, a noi bambine ci ripeteva in continuazione che bisognava guardarci la punta delle scarpe, ci teneva tutti irreggimentati, sull’attenti braccia conserte, ecc.. in queste situazioni, nasceva in me una rabbia che mi partiva dallo stomaco, che saliva su e diventava incontrollabile, per farla breve in prima elementare sono stata bocciata per motivi comportamentali.. Con le bambine io non ho mai giocato, se non a “campana” e “sbarbacipolle”. Preferivo giocare a pallone, e altri giochi con i maschi, e qui che è venuto fuori la necessità di dovere essere all’altezza, come femmina partivi sempre svantaggiata, dovevi dimostrare di essere al suo livello per poterti relazionare con loro senza essere derisa. Comunque, bene o male riesco a fare le medie, e per le superiori, scelgo una scuola che era distante 80 km da casa. Per tre anni sono stata in un convitto femminile, ed è stata un’esperienza importante, perché sono entrata in contatto con ragazze che provenivano da tutta la regione e da altre regioni, come Sardegna e Sicilia e il contatto non più con la provincia, ma con la città. Poi il “77”, avevo 17 anni, inizia l’impegno politico, e il femminismo, che sinceramente, io non lo capivo, non capivo molti discorsi e molte dinamiche, ma dentro di me sapevo che avevano ragione.. Inizio a frequentare, la libreria Feltrinelli, ma soprattutto le piazze e diversi collettivi femministi, fino a costituirne uno con alcune compagne sulla questione dell’aborto.. per ora mi fermo qui.

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  2. Grazie Ida! La tua testimonianza è molto interessante. Poi t’immagino a sei anni e non posso smettere di sorridere. Mi sarebbe piaciuto conoscerti. E sono molto interessata anche alla tua esperienza sul femminismo…

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  3. La mia esperienza sul femminismo di quel periodo è molto limitata, come ho detto ero una ragazzina, allora non capivo molto di quello che veniva detto e fatto, anche la costituzione di un collettivo femminista all’interno della scuola, duro qualche mese, fini in litigi per cose meschine, gelosie e infantilismi. Ma ero curiosa, ed ho cercato innumerevoli contatti con vari collettivi ed assorbivo tutto.. Il femminismo per me non è stato una forma di lotta ma di formazione, e in quel periodo ero molto interessata ai gruppi di autocoscienza.
    I gruppi di autocoscienza sono stati un buon inizio, ma spesso finirono anche loro, con l’impantanarsi in chiacchiere su problemi personali e non riuscirono a fare quel salto di qualità, ne sulle proposte, neppure sullo scontro politico. Non solo non lo cercarono, ma fuggirono dallo scontro politico. Per lo meno per i collettivi che ho frequentato io dopo il 78, ( dopo la legge 194) quando s’incontravano si limitavano a farsi le canne.. Comunque per me, queste esperienze sono state molto importanti, perché ho disimparato la passività, ho imparato a mettere in gioco me e i miei desideri in prima persona. Ho imparato che la mia libertà non consiste solo dal non dipendere da un padre o da un marito, o di fare lo stesso mestiere di un uomo. La mia libertà come donna, è un lungo cammino di costruzione di me stessa e della mia identità, un cammino che non finisce mai. Oggi so di essere una donna diversa e di conseguenza una femminista diversa da quello che ero dieci anni fa, già diversa da quella di vent’anni fa e trent’anni fa ecc.. non so se migliore o peggiore, ma diversa si. Naturalmente mi ci vollero anni per riconoscere i pregiudizi e le distorsioni che avevano modellato tutta la mia educazione di bambina, ragazza e donna poi . Certo importanti sono state anche le letture fatte in quel tempo, Simone de Beauvoir, Maria Luisa Berneri, Giovanna Caleffi, Emma Goldman, Carla lonzi, Virginia Woolf, Peggy Kornegger e tante altre. Ma le letture non sarebbero bastate se non avessi conosciuto quei collettivi, quelle donne. In pratica sono passata da ribelle istintiva della bambina a ribelle razionale. Ribelle, sempre anche adesso a 54 anni, ma rivoluzionaria no, perché ho imparato presto che nelle rivoluzioni, quelle come me sono le prime a morire.. 🙂

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  4. Grazie Ida, grazie infinite. Do molto valore alle testimonianze e la tua è molto interessante. Sono sempre interessata fin da bambina alle storie, non alle favole, alle storie reali, quelle che non hanno mai spazio pubblico, le storie delle persone comuni, che sono grandi per me.

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  5. Io non mi sono mai posta il problema del “è da femmina” / “è da maschio” quando ero piccola, perchè mia mamma è sempre stata molto brava in questo e ci ha regalato un’infanzia libera da costrizioni. Non mi sono mai sentita negare niente od obbligata a niente in nome del “genere”. Così sono cresciuta in perfetta libertà di espressione e scelta, con la serena e salda convinzione che ogni essere umano (senza distinzione di genere) avesse pari diritti e pari doveri e con questa sicurezza pacifica (nel senso che non è che avessi formulato nessuna teoria di uguaglianza, dentro di me, ma per me era naturale, come il fatto che occhi azzurri e occhi scuri sempre occhi sono) ho navigato nel mio percorso di istruzione senza mai incontrare seri ostacoli davanti a me, dovuti al genere.
    Però crescendo e conoscendo realtà diverse dalla mia, mi sono accorta che la mia serena convinzione pacifica era pacifica solo per me.
    All’inizio non ne ho fatto una questione di “femminismo”, ma poi, grazie al fatto di avere una sorella “militante” (se così si può dire) da qualche anno e anche grazie a un’amica che ruggisce di meno, ma studia di più, fornendo dati e riflessioni interessanti (:PPPPP tu sai, eh???), ho capito che sì, sono femminista. Perchè auguro che per tutti sia pacifico che ogni persona senza distinzione alcuna di nessun genere, è, in quanto persona, portatrice dei miei stessi diritti e dei miei stessi doveri.

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  6. Allora, non c’è un momento in cui sono DIVENTATA femminista, c’è il momento in cui ne sono diventata consapevole. La mia migliore amica è femminista e parlando con lei ho iniziato a sviluppare un certo interesse per determinate tematiche che mi stavano già a cuore da tempo. Per esempio il fatto che le ragazze siano “o tutte belle e stupide troppo impegnate a fare shopping o tutte brutte e secchione che non sanno vestirsi”; il fatto che se un ragazzo faceva una determinata cosa andava bene se la facevo io no; il fatto che non sono mai stata vista come una ragazza “femminile” perché fino a qualche anno fa non mettevo mai, neanche alle feste, la gonna (pur essendo molto, e forse più, elegante di loro).
    Poi, quest’estate ho messo mi piace alla pagina Il Maschilista di Merda ed ho iniziato a seguirla fedelmente, a comprendere quello che mi succedeva intorno e ad indignarmene. E ho capito di essere diventata femminista, o di esserlo sempre stata. Solo che se ne parla così poco di femminismo, è tutto relegato ai lontani movimenti suffragisti, che io, fino a poco tempo fa, non pensavo neanche che il sessismo fosse così marcato. Sono contenta di aver aperto gli occhi. Anche per la cultura classica che ho avuto.
    Se ne dovrebbe parlare di più.
    Inoltre, ho sempre amato le donne “forti” come Medea. La Medea di Christa Wolf (che ho letto quest’estate) è immediatamente diventato il mio libro preferito.
    Ciao 🙂

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  7. In prima media, la mia vicina di banco mi disse che io ero bella e che sarei potuta piacere a quello che per lei e le altre era il più bello della classe, concluse il discorso avvertendomi che dovevo rimanerne alla larga perché lei lo conosceva da più tempo e le piaceva da sempre. Non ebbi problemi a riguardo, ero una bambina, per me maschi e femmine erano tutti amici e non ne percepivo un potenziale diverso. L’anno dopo, il secondo anno delle scuole medie, la stessa ragazzina mi disse che non mi vestivo in modo molto femminile e che se avessi continuato così non mi avrebbero mai guardata, mai desiderata. In quel momento ho realizzato che c’era una differenza tra me e le mie amiche. Alle mie amiche piaceva essere desiderate, pensavano a come sarebbero piaciute ai ragazzi, cominciavano a guardarsi con un occhio maschile. Loro avevano i capelli lunghissimi, io i capelli cortissimi, loro mettevano le gonne, io i jeans, loro s’imbellivano le unghie con lo smalto, io l’avrò messo una decina di volte nella mia vita, loro sognavano storie d’amore e quasi tutte avevano il loro idolo, io leggevo i drammi di Shakespeare, rubavo le ciliegie e le nocciole nelle campagne intorno casa (che allora erano meravigliosamente senza recinzioni). Sono cresciuta femminista, sentendomi diversa dalle mie amiche che avevano regole nelle quali stavo male. Sono cresciuta ascoltandomi ma pur con difficoltà tra adolescenti che guardano troppo all’esterno da se stessi. La mia consapevolezza di essere femminista, è arrivata come un’alba nella mia vita, con i libri di Anna Meldolesi, Carol Gilligan, Enrichetta Buchli, Laura Cima. Queste donne attraverso i loro scritti sono diventate le mie più care amiche, mi hanno fatto sentire in compagnia e diverse ma in meglio perché ancora oggi mi dispiaccio per quelle persone che non saranno mai padrone di loro stesse, io almeno ci provo a capire se qualcuno non mi concede la libertà che in quanto essere umano e donna mi spetta.

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    • voler piacere e piacersi è una cosa normale, umana e non vuol mancare di libertà.
      le tue compagne coi capelli lunghissimi e che sognano storie d’amore (anche Shakespeare ha raccontato storie d’amore) erano libere e autentiche quanto te. non è dalla lunghezza dei capelli o dallo smalto che si valuta la libertà. E una donna può portare i capelli lunghi perchè le piacciono

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  8. Paolo, credo che piacersi sia un conto e piacersi in base agli stereotipi un altro. Non vorrei spostare il discorso ma Shakespeare ci ha lasciato personaggi come Cordelia, ragazza punita per la sua sincerità, Amleto che con il suo ‘essere o non essere’ parla della condizione in cui tutti gli uomini si ritrovano e che più censurano, le mie amiche erano tutte come Elena di Sogno di una notte di mezza estate che rincorre l’amato che le sfugge e si nutre di quel fuggire in quella che non è la realtà ma un sogno. Se vogliamo riferici soltanto a Romeo e Giulietta dovremmo probabilmente non dimenticarne la supposta derivazione letteraria (da Boccaccio che a sua volta si rifà ai fablieaux) e quindi la potremmo considerare la tragedia più famosa ma meno originale poiché mette in scena un amore possibile solo nella morte e non nella realtà .. ed anche a questo ci abituano fin da piccole. La maggior parte delle adolescenti vogliono essere Giulietta e non so quanto questo possa contribuire alla consapevolezza, all’indipendenza e alla crescita.

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  9. Ho 24 anni, sono diventata femminista due anni fa proprio di questi tempi. Fino al 2011 ero molto sovrappeso, e ancora dopo tanti chili persi sono molto morbida nelle forme, ma il dimagrimento – a cui mi spinse un ragazzo di cui ero invaghita, sic! – mi rese estremamente attenta all’aspetto e vanitosissima. Al punto che due anni fa un’amica del tipo per cui avevo cominciato a dimagrire, vedendo il mio avatar di Facebook, gli chiese se fossi una escort. Una persona a me totalmente estrana, vedendomi truccata e col seno in vista, aveva deciso per me la mia destinazione e utilità nel mondo, di donna di piacere, senza possibilità di replica e di reprimenda. Quando mi venne riferito, fra le risate del ragazzo stesso – una persona estremamente maschilista e omofoba – capii in preda alla mortificazione che non ero poi così diversa da quella ragazza che mi aveva presa per una puttana; anche io fino ad allora avevo avuto il vizio di dare della troia a qualunque donna non mi garbasse o trovassi più attraente di me, in una lotta all’ultima vagina in cui i maschi erano gli spettatori che al di fuori del ring mi aizzavano urlando e puntando una volta su di me e la volta dopo sull’altra ragazza.
    Ho praticato per un po’ il bodybuilding, lo sport che per definizione una ragazza non dovrebbe praticare perché “ti rovina, i muscoli sono brutti su una donna, poi sembri un uomo” e sono esasperata dall’idea che una donna debba campare in funzione dei gusti del maschio medio; dico troppe parolacce e “una bella ragazza come te non dovrebbe” e più non dovrei più ne dico; amo vestire valorizzandomi, amo il mio seno sodo e abbondante, i tacchi sottili e alti, ma praticamente chiunque crede che il mio stile dipenda dalla voglia di “apparecchiarmi per piacere agli uomini” e a quasi tutti non è chiaro che mi apparecchio per me stessa, e poi forse per gli uomini – e le donne – che piacciono a ME; vorrei dei figli, amo i bambini, ma so che attualmente non potrei assicurargli una vita decorosa e non ammetto che a tutt’oggi in stati americani si propongano disegni di legge che vogliono imporre il consenso del marito prima di lasciare abortire una donna; ho subito episodi di violenza da bambina da parte di mio padre e non ci sto più a ridere se minaccia, scherzando, di malmenarmi perché passerò il capodanno fuori con amici. Sono cresciuta con una madre meravigliosa che ha saputo riprendere le redini della sua vita, divorziando in barba ai commenti di troppi coglioni bigotti e ignoranti. Amo tanto il sesso e non ne ho mai fatto vergogna né mistero. Ho grande rispetto e considerazione di me stessa e voglio essere sempre all’erta e se necessario lasciare basito chi non si aspetta una risposta solo perché sono donna.

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  10. Capito tardi in questo post…. ma forse non è mai tardi.
    Ho scoperto di essere femminista quando non sono più riuscita a tollerare le giustificazioni che si danno le donne.
    Sostanzialmente, a sentirci, ogni vita di donna è una cacca:
    per il rapporto col padre; il rapporto coi professori; il raporto col capo di lavoro; il rapporto col marito; il rapporto coi figli maschi dei quali anche a 18 anni lavano ancora i calzini; il brutto rapporto col panettiere, e con l’amante o con quello del quale sono l’amante.
    La donna si lamenta e si giustifica, si giustifica e si lamenta in un eterno circolo vizioso. Si veste con le sue presunte debolezze e se la situazione diventa difficile resiste… ma piangendo.
    Dimostra la sua forza solo nella sopportazione ma raramente quando è il momento di prendere in mano la propria vita e condurla dove si vuole.

    Sono diventata femminista quando ho capito che questo non è il mio ideale di femmina. Io non sono questa femmina. Non ho paura dell’uomo. Non ho paura del mondo. Non ho paura della società.
    Ma soprattutto non mi giustifico: semmai ammetto i miei errori e ne vado fiera, conscia che le lezioni servono a non sbagliare ancora.

    Sono diventata femminista nel momento stesso in cui ho perso il rispetto per gli uomini….. o viceversa.
    Sono diventata femminista quando ho sentito parlare di “uomini tutti stronzi”. Uomini messi al mondo e cresciuti da donne, però.

    Sono diventata femminista quando ho scoperto il sesso senza amore.

    Sono diventata femminista quando ho iniziato a lavorare.

    Sono tante le volte in cui sono diventata una NUOVA femminista e tante sono le esperienze che lungo la strada rafforzano o modificano il mio pensiero. Essere femministe in fondo significa solo essere se stesse e lottare per questo diritto nel momento in cui da chiunque, troppo spesso altre donne, ci viene negato.

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