Perché Prisca Puntoni si mangerebbe Rasmus in un sol boccone –Confronto tra due personaggi anticonformisti di Lindgren e di Pitzorno

ImmagineDa quasi settant’anni, il mondo venera la Pippi Calzelunghe di Astrid Lindgren, riconoscendola come bambina forte e indipendente e come  personaggio che ha liberato le bambine di tanti Paesi da un ancestrale gioco di ruoli estremamente riduttivo e svalutante nei confronti del corpo e della psiche femminile.

Un minor numero di persone, invece, è a conoscenza di un altro grande personaggio regalatoci dal genio della scrittrice svedese nel 1957: Rasmus, orfanello desideroso di trovare una coppia di genitori che lo voglia “anche se ha i capelli lisci” e non è carino come le bambine sue compagne di dimora. Con Rasmus, oltre a vincere il Premio Internazionale Andersen, Lindgren scardina tutti i principi legati alla mascolinità infantile –quella che, attraverso racconti patetici ed edificanti, veniva proposta fino ai primi decenni del Novecento a bambini e raagzzi per “aiutarli” a diventare onesti cittadini, lavoratori, uomini d’onore. Lindgren non rispetta questo proposito, anzi: con Rasmus, offre uno scenario di dolcezza infinita, e di valori, solitamente legati all’universo emotivo femminile, che si adattano invece in maniera del tutto naturale alla complessa psicologia del bambino.

-Emotività. Rasmus, pur essendo un maschio ed abitando con altri ragazzini all’orfanatrofio Vasterhaga, vive intensi stati d’animo che spesso lo portano alle lacrime: ciò si verifica quando l’incontro con una coppia di possibili genitori non si risolve come lui avrebbe sperato, quando il ladro di Sandò lo insegue terrorizzandolo con una pistola spianata, quando il simpatico vagabondo Oscar sparisce momentaneamente dalla sua vita… Rasmus non nasconde le sue emozioni, anzi, le lascia venire a galla e le guarda in faccia, senza lesinare sulle riflessioni, a volte immaginifiche, a volte tristi, che gli danno un ulteriore tocco di sensibilità.

-Socialità. Rasmus, come tanti personaggi di Lindgren, è assetato di vita ed agogna di conoscere persone, ascoltare le storie degli altri, stare in mezzo all’umanità. Ma in questo non è scriteriato: un’innata educazione nei confronti del prossimo lo porta ad agire sempre con estrema delicatezza, non certo come il classico “monello” delle storie di fine Ottocento.

-Esperienze. Rasmus è assetato di vita, sì, ma il suo più grande desiderio è quello di avere una famiglia. La sua esperienza nell’orfanotrofio non lo ha formato in senso “virile”, rafforzandolo ed eliminando i suoi lati più fragili: lo ha invece spinto a desiderare la tenerezza di una madre, le sue carezze, la serenità di una casa propria.

Se un personaggio come Rasmus ne avesse incontrato uno come Prisca Puntoni, protagonista di Ascolta il mio cuore (Pitzorno, 1991), non è difficile pensare che la ragazzina dal forte senso etico non solo lo avrebbe travolto con la sua energia, ma lo avrebbe anche costretto a raccontarle tutte le sue disavventure e, indignata per l’ingiustizia, lo avrebbe preso sotto la propria ala protettrice fino ad averne vendicato i torti subiti.

-L’emotività di un personaggio come Prisca è intensa, ma leggermente più “infiammante” rispetto a quella di Rasmus: Prisca soggiace ad un’impulsività all’apparenza tutta maschile, e ad istinti e desideri molto particolari per una bambina della sua età (in realtà, semplicemente dettati da una fantasia tipica di tutti i bambini, non solo dei maschi).

-La socialità di Prisca è straripante, a volte invadente e presuntuosa: davanti a un sopruso, una sfida, un timore, prisca reagisce con l’azione, comportandosi anche in maniera molto rude (sbaffi d’inchiostro, risse, scherzi nauseabondi…).

-Nella vita di tutti i giorni, in effetti Prisca non ha modo di vivere avventure con la A maiuscola: figlia di un tranquillo avvocato e di una casalinga, non può far altro che inventare mirabolanti gesta in cui si ritrova principessa guerriera, mozzo di una nave, capo di una banda di ladroni arabi… e trascrivere poi queste gesta in una serie di agende da lei stessa illustrate.

Davanti a simili differenze, i caratteri psicologici e comportamentali tradizionalmente attribuiti a maschi e femmine risultano ribaltati, a dimostrazione del fatto che, in realtà, non vi è alcun carattere attribuibile all’uno o all’altro sesso: i bambini e le bambine SONO  e basta, a prescindere dal sesso “anatomico”, e sono tutti diversi; l’adulto dovrebbe accettare ed alimentare la loro libera bellezza senza tentare di fornire indirizzi alla sessualità.

5 commenti

  1. A parte il motivo un po’ ozioso per cui qualcuno dovrebbe mettersi a confrontare due bei personaggi di due bei romanzi di due grandi autrici, qualche contenuto può anche essere interessante e condivisibile ma trovo la scelta del titolo assolutamente infelice e in netta contraddizione con i messaggi sia della Pizzorno che della Lindgren e perfino con quanto si dice nell’articolo stesso: perchè qualcuno di un qualsiasi sesso dovrebbe mangiarsi in un sol boccone un qualsiasi altro di qualunque sesso sia? Perchè Prisca dovrebbe vincere con il suo carattere non prettamente “femminile” su Rasmus col suo carattere non prettamente “maschile”? Non riusciremo mai a liberarci degli stereotipi in cui siamo ingabbiati, foss’anche per sentirci in dovere di negarli? Forse l’unico merito che si può riconoscere a questa recensione è che può fare venir voglia di leggerli questi due libri, ai bambini ma sopratutto agli adulti.

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  2. Ho letto entrambi i libri durante l’infanzia e mi sento nettamente Rasmus, non solo perché uomo, ma anche per forti similitudini caratteriali e personali, tuttavia noto che, se a quell’età il Rasmus che è in me avrebbe certamente chiesto aiuto a Prisca Puntoni, come giustamente affermato nell’articolo, oggi, nonostante quelle questioni siano irrisolte ed abbiano anche subito l’aggravante della precarietà lavorativa (!), sento che il “Rasmus che c’è in me” non saprebbe più a chi chiedere aiuto e difatti sono disorientato praticamente su tutto. Purtroppo non ho la fortuna di essere gay, non scherzo, guardo a quell’universo con tanta empatia e solidarietà, proprio perché dubito seriamente che possa esistere una vera relazionalità donna-uomo che sia giovevole per entrambi e soprattutto pacifica. Già viviamo in un mondo dove l’individualismo è stato sospinto a livelli altissimi, con la distruzione della maggior parte dei vincoli solidaristici esistenti, in più, come anche in questo blog è scritto, le donne e gli uomini non stanno facendo più nulla di costruttivo insieme, ma di distruttivo sì! In particolare, gli sgradevoli episodi capitati all’articolista Giulia, non lasciano alcuna speranza! Non è che forse bisogna ripensare tutto, ma proprio tutto, e rinchiudersi in mondi separati o comunque pochissimo comunicanti, sdoppiando tutto lo sdoppiabile? Forse Rasmus e Prisca Puntoni appartengono a due mondi diversi che mai davvero interagiranno, se non per distruggersi reciprocamente? Mondo dicotomico=conflitto permanente?
    Buon lavoro e complimenti per il blog!

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