Dopo la vicenda di Andrea, il ragazzo suicida perché vestiva in rosa, vorrei raccontare la mia storia di bullismo, malgrado non abbia alcun legame con la storia del ragazzo vittima di bullismo omofobo. Oggi ho 25 anni appena compiuti e sono passati circa quasi 7 anni da quando mi diplomai dalla scuola che oltre al “pezzo di carta” mi ha lasciato l’esperienza traumatica del bullismo.
Non avevo compiuto nemmeno 14 anni quando feci ingresso in quell’istituto commerciale che io non volevo frequentare poiché le mie scelte vertevano su un liceo scientifico o un istituto professionale. Nonostante tre anni di calvario alla scuola media, dove quasi un’intera classe mi ignorava perché non mi comportavo da signorina, si aggiungono altri 5 anni di terrore.
Vorrei prima soffermarmi su quei tre anni di incubo che passai nella scuola media della mia cittadina. Era il ’98 ed era passata solo un estate che mi divideva dalla scuola elementare, ma quando feci ingresso alle medie trovai una situazione del tutto diversa che non mi aspettavo. Le mie compagne di classe erano quasi tutte sviluppate, vestivano da adulta o da ragazza, e parlavano di flirt. Io non mi sentivo ambientata.
Quando le mie compagne si accorsero che io non vestivo alla moda, non ero eccesivamente femminile e avevo ancora l’aspetto fisico di una bambina mi discriminarono già dal primo giorno. Ricordo quel giorno quando feci ingresso con uno scamiciatino giallo che le mie compagne consideravano infantile. Non ero l’unica vittima presa di mira. Lo era anche mia sorella ed un altra compagna di classe, discriminata perché “era grassa” e vestiva da maschio.
Portava i capelli rasati e amava vestire con le felpe o con le tute. Per tutte era come un maschio, per questo veniva discriminata oltre al fatto di essere in sovrappeso. Anche io mi vestivo e mi atteggiavo “da maschio” per questo non piacevo alle mie compagne che si truccavano tutte e mettevano i tacchi.
Il bullismo nei nostri confronti fu l’esempio di quello che deve affrontare una donna quando non si conforma a certi schemi imposti. Inoltre ero pure piuttosto bruttina e portavo i capelli corti: questo fu un altro fattore che giocava in mio svantaggio contribuendo alla mia discriminazione. Le bulle della mia classe non mi prendevano sempre in giro; il più delle volte mi escludevano e quando rivolgevo loro la parola non rispondevano e mi ignoravano, facendomi sentire una persona di poco valore.
Ricordo altre due compagne “maschiacce” ma loro non venivano discriminate perché erano brave a scuola e aiutavano a tutte. Ricordo anche quando la mia amica venne derisa e accusata di aver tirato un peto solo perché era in sovrappeso. Anche mia sorella veniva presa in giro per il peso, sopratutto dai maschi. La mia amica ne fu talmente provata che entra nel tunnel dell’anoressia, perdendo in un mese 10 kg.
Quando perse peso cominciò a vestirsi “da ragazza” optando per abiti firmati, conquistandosi l’amicizia delle bulle che la escludevano. Io coninuai ad essere discriminata perché non indossavo capi di alta moda e non volevo saperne di vestirmi da donna. Le bulle cercavano in continuazione ad insegnarmi ad essere più femminile se volevo essere considerata. Perfino la mia amica quando dimagrì mi prendeva in giro.
Avevo pochi amici in classe, da quell’esperienza ne uscii completamente distrutta. Fu così che iniziai ad ammalarmi di “fobia sociale”. Avevo paura di tutto, del telefono che squillava, poiché alle medie le bulle venivano a casa mia per dimostrare a mia madre che loro erano mie amiche e che non erano come le descrivevo; avevo paura di uscire di casa e di instaurare rapporti di amicizia con gli altri.
Mi legai tantissimo a quell’unica mia amica che allo stesso tempo mi trattava malissimo (ad esempio mi umiliava e mi ordinava di “staccarmi” perchè riteneva che le ero sempre a presso) e mi usava, ma io avevo paura di perderla perché non volevo restare sola e arrivai addirittura a convincermi che in fondo mi voleva bene e che me lo meritavo quando mi trattava male. In tre anni la mia amica cambia completamente: era diventata uguale alle mie compagne di classe!
Finito il terzo anno mi convinse a seguirla e ad iscrivermi nella sua scuola. Mia madre mi iscrive ad un’altra scuola e cominciai a soffrire la sua mancanza (era la mia compagna di banco). La mia amica ci rimase male e cominciò a cercarmi di meno e a farmi bidoni. Un giorno organizzammo di andare al cinema e mi fece la cattiva azione di invitare le bulle che mi prendevano in giro. Scappai e tornai a casa con la scusa di recuperare il resto dei soldi.
Un’altra volta a Carnevale, portò due amici (tra cui il futuro fidanzato) per farsi notare che era bella ed era corteggiata e che io non avevo successo con i ragazzi, colpevolizzandomi del fatto che io li frequentavo solo come amici. Ma io continuai a volerle bene fino alla seconda superiore e la invitavo spesso a prenzo a casa mia.
Nel frattempo alle superiori comincia un altro calvario: un gruppetto di persone mi prende di mira, prendendo in giro a me e mia sorella, prima per via del nostro cognome buffo e poi con offese più pesanti circa il nostro aspetto estetico, sia il nostro comportamento timido, sopratutto il mio poiché ero affetta da una forma di fobia sociale che si stava aggravando. I miei compagni di classe arrivarono ad insinuare che io fossi “ritardata” e “autistica” solo perchè la mia timidezza mi impediva di comunicare con loro e di stabilire un contatto oculare.
Mi lanciavano palline di carta, gomme da masticare arrotolate nei capelli che ho dovuto tagliare perchè rovinati, palle di carta arrotolata e perfino salame, bucce di banane, sputi, lattine e bottiglie vuote che mi colpivano alla testa, gavettoni di bottiglia in pieno inverno e via dicendo. Quando riuscii a reagire urlando e piangendo (prima ero bloccata) iniziarono a prendermi in giro imitando la mia voce. Mi sentivo lo zimbello della scuola.
I professori non mi credettero e quando le azioni iniziarono davanti a loro, facevano finta di niente o se la prendevano con me, riempiendo il registro di note e sbattendomi fuori dall’aula. Inutili i tentativi dei miei genitori di denunciarli o di parlarne col preside, per loro erano solo “ragazzate”. Mi sentivo una cacca e volevo suicidarmi. Cominciai a compiere atti di autolesionismo, bruciandomi con la cera, strappandomi i capelli e pungendomi con la punta del compasso.
Qualcuno di loro cominciò ad alzarmi le mani, a buttarmi giù dalla finestra lo zainetto rompendomi pure il cellulare. Ricordo un giorno quando reagii ad un insulto (mi chiamarono puttana) e ai palpeggiamenti di due compagni di classe e reagii prendendoli a calci e picchiandoli. La mia professoressa mi chiamò “asina” e mi disse che “una signorina non dovrebbe comportarsi come un maschio e tirare calci”. Io le spiegai che avevano iniziato loro e lei mi disse che comunque il mio atteggiamento era troppo maschile e aggressivo e che se loro mi avevano presa a calci o sputata era perché li ho provocati.
Insomma, loro mi invitarono e mi portarono ad avere un atteggiamento remissivo verso i miei compagni, perché erano maschi e io dovevo comportarmi da femmina e quindi subire. Tra questo gruppo di maschi c’era qualche ragazza complice che mi prendeva in giro e mi ritava della carta e delle gomme da masticare. Ogni giorno che entravo in aula mi dedicavano dei cori offensivi.
Un mio compagno un giorno arrivò a mettere zizzania tra me e una mia compagna accusandomi di aver parlato male di lei alle spalle. Per prendere le sue difese, entra una ragazza robusta che mi aggredisce e mi prende a schiaffoni. Non riscii a difendermi perché ero bloccata e perchè eravamo accerchiate da un gruppo foltissimo di ragazzi più grandi provenienti da altre classi.
Fu l’esperienza più traumatica. Arrivai a tal punto di convincermi che in fondo quello era un modo di considerarmi e che era peggio se mi ignoravano. Infatti gli atti di bullismo alternavano tra le prese in giro e l’esclusione dal gruppo. Allora cominciai a rendermi ridicola e stare al loro gioco, fino a quando mi resi conto che così mi rendevo più ridicola. Cominciai a reagire alle violenze che si facevano sempre più fisiche. Ricordo quando “cieca dalla rabbia” scagliai una bottiglia contro una della mie compagne di classe che mi deridevano che all’ultimo riuscì a scansarsi. Ricordo che reagii una seconda volta riempiendo di calci sullo stomaco una mia compagna che osò sputarmi in faccia. Mi consolai della mia forza fisica. Ma non fu sufficiente, perché più reagivo più violenza psicologica ricevevo e so che il bullismo femminile è psicologico, quindi tutto ciò non serviva a nulla.
I miei genitori disperati mi cambiano di classe, ma le voci di corridoio raggiungono l’aula. Anche lì cominciai ad essere presa in giro, convincendo che allora era colpa mia. Lì però ebbi degli amici e la situazione era un po’ più tranquilla. Le bulle mi escludevano, mi prendevano in giro e mi facevano stalking al telefono.
Qualcuna arrivò ad insinuare che io subivo abusi in famiglia. I motivi per cui mi prendevano in giro erano gli stessi della scuola media: per loro ero una “bambina”. Fu che per tutto il secondo anno mi facevano domande imbarazzanti e un maschio che era ripetente due volte mi metteva la “testa a posto” e faceva molestie sessuali assieme all’altro, giustificandosi e dicendo che lo facevano per “svegliarmi” e “diventare una donna“.
Durante le lezioni mi sentivo arrivare delle palline di carta e una volta urlai chiedendo di smetterla. Il professore mi mise la nota e se la prese con me. Anche un’altra professoressa se la prese con me e mi accusò di essermelo cercata: “non ti lamentare poi se vanno tutti contro di te come è successo in IE”, anche perché un giorno reagii ad un mio compagnò che mi rubò dalle mani il floppy e copiò il mio compito prendendosi una valutazione positiva.
Un giorno reagii ad una mia compagna, quando mi arrivò sulla testa una palla fatta con scotch e carta. Gliela restituii ma lei si avvicinò prendendomi a schiaffi. Al terzo anno furono bocciati i maschi e le molestie finirono. Ma il bullismo continuo alternandosi tra prese in giro ed esclusioni come la negazione del saluto, tipo “ciao a tutti tranne…”
Al quarto anno mi rovinarono un cappotto e mi danneggiarono delle cose. La cosa più brutta è che ad essere rappresentanti di classe erano le bulle peggiori, in modo che davanti a professori operavano una violenza psicologica facendo finta che mi accettavano e rispettavano, ma quando si assentavano cominciavano di nuovo a prendermi in giro. Fu alle mie prime reazioni che cominciarono ad insultarmi pesantemente: PER LORO ERO PAZZA SOLO PERCHE’ ESASPERATA COMINICIAI A METTERE LE MANI ADDOSSO A CHI MI HA PRESA IN GIRO PER 5 ANNI.
Allora cominciarono i cori offensivi e io scappai dall’aula. Questo davanti ai professori che non li hanno sospesi nemmeno una volta! Intanto l’anno finiva e io come ogni estate non trovavo pace perchè i bulli li incontravo per strada! a quest’ora questo sarebbe definito reato di stalking. Avevo paura di uscire e la mia fobia sociale era ormai diventata una psicosi creandomi problemi di persecuzione talmente gravi che vedevo nemici dappertutto e ogni espressione la interpretavo come un complotto nei miei confronti.
Per fortuna i farmaci furono la mia salvezza perché la mia situazione chissà dove sarebbe degenerata dal momento che addirittura soffrivo di allucinazioni uditive e sentivo persone inesistenti che stavano organizzando cospirazioni nei miei confronti. L’autolesionismo però non finì. Stavo cominciando il quinto anno e proprio in quel periodo subii parecchie molestie sessuali che io non riuscii mai a denunciare, anzi mi lasciai molestare, perché avevo paura e vergogna. Mi ero convinta che loro sapessero del bullismo e che ne approfittarono. Così uno di loro sfortunatamente era loro amico e lo venne a sapere e mi appiccicò sulla schiena il biglietto “io la dò a tutti“. Reagii di nuovo e mi misi la classe contro.
Al quinto anno stavano organizzando il pranzo dei 100 giorni. Io non ci volevo andare ma le bulle mi costrinsero, come mi costrinsero ad andare in gita solo per fare numero e quando rifiutai mi accusarono che per colpa mia la gita era stata annullata perchè mancava il numero! Allora iniziarono le intimidazioni. Sopratutto durante l’organizzazione del pranzo dei 100 giorni quando mi costrinsero di sborsare 60 euro comunque anche se non ci sarei andata. Tornai a casa e mi tagliai con una lama tutto il braccio e la mano, non volevo più andare a scuola, soffrivo di coliti e dissenterie per l’ansia e volevo morire.
Mi faceva schifo pure il cibo. Fu in quell’anno che tentai più volte il suicidio sopratutto coi farmaci. Poi un giorno reagii alla prepotenza di una mia compagna che strappò un mio disegno (io amavo disegnare e realizzavo fumetti, era un modo per creare un mondo dove le mie carnefici non potevano entrare). Tornai indietro e glielo tirai in faccia. Lei mi colpì alle spalle mentre tornavo a posto, tirandomi uno schiaffo alla nuca.Mi girai e cominciai alla cieca a prenderla a calci e pugni dappertutto. Ero “derealizzata” dalla rabbia. Sollevai un banco da terra. Allora li arrivarono gli altri che non riuscirono a trattenermi in tre, nemmeno un mio compagno di classe che pesava 100 kg.
La bulla più violenta cominciò a pestarmi, sbattendomi contro lo spigolo di un banco. Ma da allora finirono le prese in giro dirette e mi lasciarono in pace. Ci vollero due anni prima che finì il bullismo in strada. Anche lì ci fu un altro episodio: nel 2006 picchiai una ragazza che assieme alla amica mi prese in giro.
Dopo questa esperienza fui costretta a scappare dalla mia città perché non volevo incontrare i bulli e me ne andai a Milano, fidandomi di un uomo che mi fece promesse e poi si rivelò una delusione. In quegli anni ero anche in cura per depressione e fobia sociale e il bullismo finì nel 2008. Oggi sono “guarita” anche se periodicamente sono depressa e autolesionista.
Come sono guarita? Grazie al blog “un altro genere di comunicazione” che mi ha dato l’opportunità di poter parlare di violenza, anche se di genere, ma ricordiamo che la violenza del bullismo non è solo razzista ma molto spess sessista. Ogni tanto penso al mio passato, so che è difficile dimenticare, ma ormai quello è il passato e rimuginare su ciò che è morto fa solo male. Ora sono un’altra persona, sono Mary di Un altro genere di comunicazione.
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grazie Mary per la tua storia! in alcuni tratti ho rivisto anche la mia. Ero una bambina timida, silenziosa che faceva fatica a stare insieme agli altri. Reagivo all’ansia sociale piangendo, piangevo sempre. “piangi perchè vuoi attirare l’attenzione” ma non era così, io avrei voluto scomparire! Mi prendevano ingiro pechè piagniucolona e perchè essendo scura di carnagione avevo i baffi! questi baffi hanno traumatizzato la mia infanzia! alla fine mia madre e la ceretta mi aiutarano, non avevo più i baffi! per anni hanno continuato ad offendermi per questa storia dei baffi! cavolo non ce li avevo più!!! scuole medie in un’altra città, bene qui non sono famosa per via dei baffi. Qui avevo le tette, il mio corpo precocemente dotatosi di forme, attirava le attenzioni dei maschi della classe. Qui ai commenti pesanti, alle offese si unirono anche le molestie, le “toccatine” alle quali io sapevo reagire solo con tanta vergogna, quel mio non reagire per molt* significava quella è una troia infondo ci stà. Mi vergognavo per colpa di quello stupido corpo pieno di tette! per i miei genitori ero strana, non uscivo mai, non avevo molti amici, non parlavo, piangevo sempre. Con l’Università abbandonai il piccolo paese e raggiunsi Bologna. Il primo anno lo passai chiusa in casa, andavo a lezione a fatica, non avevo amici. Potevo stare senza scambiare parola con nessuno, a parte mia mamma al tel, per intere settimane. Le mie paure sociali mi stavano impedendo di frequentare l’università, così ho iniziato una terapia, ma mi ha aiutata poco. Ho incontrato una persona speciale, che adesso è la mia migliore amica, a cui devo la mia salvezza. Ho incontrato il femminismo che mi ha aiutata ad amare il mio corpo, e adesso adoro le mie tette. Attraverso la scrittura cerco di dire quello che faccio fatica ad esprimere a parole, con il teatro sto cercando di vincere le mie paure di relazione. Un lavoro su me stessa che non finisce mai, ma adesso sto bene.
P.S. non vedo l’ora di conoscerti di persona Marydiunaltrogeneredicomunizazione 🙂
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Anche mia sorella veniva presa in giro per via dei baffi e anche per il peso. E’ stato traumatico. Io venivo presa in giro per via del mio naso. Anche io ho subito molestie anche se quasi spesso fuori dall’aula tranne che quelle che ho descritto sul post. Anche non vedo l’ora d conoscerti:)
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Sembra quasi che tu stia parlando di me. Anche a me, tra le altre cose, gettarono lo zainetto dalla finestra, o meglio, ce lo svuotarono, in modo da rovinare più cose possibili. Scoppiai a piangere, e la professoressa, invece che riprendere i miei compagni, disse loro “va bene che lei è una rottura, ma dovete anche cercare di sopportarla”.
Evidentemente, i miei pianti di fronte alle umiliazioni subite erano una rottura di palle per tutti.
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E’ impressionante come sono comuni le storie di bullismo e come siano simili tra di loro. Io soltanto adesso ne sto uscendo…ma ci sono voluti molti anni.
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Credo che questo post spieghi bene il tono amaro che, spesso, caratterizza i post di Mary… Per certi versi, parlando delle scuole medie, ho rivisto alcuni aspetti della mia storia: ero un “maschiaccio”, un'”eterna bambina” e una “secchiona”. Per questo, vista con un certo sospetto. Ma sono stata più fortunata, perché gli insegnanti mi ascoltavano, senza parzialità per nessuno. Hanno cercato di far capire a chi mi esasperava che il suo comportamento non era divertente e a me che avrei dovuto essere più aperta a cogliere gli aspetti positivi dei miei compagni. Dopo un primo anno di medie quasi impossibile, ne ho passato un secondo accettabile e un terzo molto bello. Alla fine, mi è dispiaciuto dover lasciare quei compagni coi quali, ormai, ero entrata in sintonia. Devo precisare, però, che ho vissuto tempi diversi da quelli di Mary. Nel senso che nei miei insegnanti non era più radicato quel preconcetto della “femmina-che-deve-essere-remissiva”.
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Ti voglio bene Mary, e adesso ti stimo e ti voglio bene ancora di più. Ne usciremo, tutte e tutti insieme, per far sì che le prossime generazioni non debbano passare tutto questo.
Per me, solo le grandi persone sanno trasformare il dolore in qualcosa di positivo e tu lo sei.
Io ci sono.
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Anche io 🙂
Ti stimo tantissimo e stimo il lavoro che fai. Io ci metto il mio piccolo contributo speriamo che cambi qualcosa, mi sento una formica che lotta contro i muri di gomma:(..
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Mary, grazie per questo post. Mi spiace per quanto ti è accaduto.. Per me non è stata proprio così dura, però anche a me è capitato di essere presa in giro e isolata – specie alle medie – per i miei capelli rossi e perché non ero “alla moda” ,ero timida e studiosa e mi portavo piccola. Sai che le tue parole mi hanno tanto ricordato un episodio raccontato in Natasha Walter, “Bambole viventi” di una ragazza che alla fine non reggendo alle pressioni rinunciò del tutto a diplomarsi e si è data al giardinaggio? Molto di quello che tu racconti è bullismo sessuale o comunque legato alle questioni di genere. Come dice Giorgia così bene, ne usciremo, tutte e tutti insieme. Un abbraccio!
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Volevo anche dirti che le persone migliori che ho conosciuto nella mia vita hanno tutte avuto un’adolescenza piuttosto complicata e spesso a scuola avevano sofferto isolamento nel gruppo dei coetanei. Sarà forse un caso, ma personalmente mi sono fatta l’idea che omologarsi facilmente ai diktat della moda e dell’ambiente sociale non sia grande segno di profondità d’animo. Le persone migliori non ci riescono e in fondo non vogliono e a volte tocca loro affrontare grandi sofferenze, finché non trovano, prima o poi, una migliore umanità con cui relazionarsi, finché non scoprono tutta la luce che brilla in loro stessi. Alla fine la loro felicità ha un profumo molto più intenso..
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e quanto sei coraggiosa, marybella….ti mando un abbraccio gigante, un bacio e grazie sempre!
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Mary, ti ammiro davvero molto. Grazie per aver voluto raccontare la tua storia, è davvero una grande fonte di ispirazione per me, mi ha fatto l’effetto di un pugno nello stomaco e sono davvero colpita dal coraggio che hai dimostrato nel sopravvivere a tutte quelle malvagità e nel rievocare e condividere tutto.
Nessuno dovrebbe essere tenuto a sopportare tutto questo. E l’indifferenza degli insegnanti! Questa è la cosa che mi sconvolge di più.
Io ho 17 anni. Neanche per me le medie sono state semplici. Non sono mai stata preparata alla cattiveria gratuita di certe persone, semplicemente incapaci di empatia e capacità non dico di comprendere, ma almeno di rispettare chi è diverso da loro. Sono stata un’emarginata per tre anni, la “secchiona” a cui le ragazze popolari rivolgevano la parola solo quando avevano bisogno di una mano con i compiti o un suggerimento durante le verifiche. Ma non riuscivo a dire loro di no.
Mi sembrava che ci fosse un abisso fra me e tutti gli altri, una bolla che mi isolava dal mondo esterno. Wrong (dei Depeche Mode) era la mia canzone – la mia storia.
Poi ho avuto la fortuna di conoscere altre persone “diverse”, che mi hanno fatto capire che non ero sola. Sono stati i miei amici di Internet a salvarmi dalla condizione di spora di me stessa in cui mi ero ridotta. Ora mi sento forte.
Ora voglio combattere anch’io contro ogni forma di discriminazione e violenza.
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cara MAry,
i bambini/e possono essere feroci. Il problema è , come tu denunci, che gli adulti/e, i genitori e gli insegnanti spesso non reagiscono. Mi sono chiesta perchè. Credo che molte/i adulti /e siano feroci come i loro allievi o figli e in qualche modo giustifichino la perfidia.
Capisco ciò che scrivi.
Sono stata una bellissima bambina che in preadolescenza divenne grassa e derisa. Confermo che le bambine erano le più feroci, e quella solitudine sviluppata in quegli anni non mi ha poi abbandonato per un lunghissimo periodo, facendomi divenire di una timidezza quasi patologica e sentendomi poi sempre insicura anche quando sono diventata una bella ragazza.
Ora è tutto passato ma vigilo sui miei figli/e non solo perchè non subiscano ma anche perchè non divengano attori/trici di soprusi.
Cara MAry, la sofferenza, se non è troppa se non è devastante se non uccide, può anche far anche crescere.
Ora tu sei una stimata blogger.
Fai cose utili e in molti/i ti stimano
Ora è nostro compito che i bambini e le bambine possano crescere sereni.Educhiamo al rispetto.
Ti abbraccio forte.:-)
Lorella
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Grazie Lorella:)
Le mie denunce sono sempre state inutili, ho sempre pensato che la ferocia di quei ragazzi fosse frutto dell’educazione di quegli adulti che poi minimizzavano. Quanto avrei voluto affrontare i loro genitori. Purtroppo nel mio caso, di recente, si è presentata una situazione fastidiosa, anche perché ora sono fidanzata con il cugino di secondo grado di una delle ragazze che mi tormentavano. Io l’ho saputo sin dall’inizio perché me lo ha detto lui ma la cosa non mi toccava. Allora quasi due mesi fa io ho incontrato sua nonna e le ho detto in faccia quello che pensavo di sua nipote, perchè ora mi sento più forte. Lei però ha riportato tutto alla nipote e stavo rischiando di perdere il mio ragazzo perché ha detto cose che non esistevano, insomma mi ha dipinta come una criminale che le faceva stalking e che le ha vandalizzato l’auto. Per questo motivo un mese fa sono crollata di nuovo in depressione e ho rivissuto l’incubo:(
Ora sto meglio per fortuna ed è grazie a questo blog e al vostro sostegno:)
Quando Andrea si è suicidato ho rimesso insieme tutto quello che ho subito e sono riuscita a ricostruire la mia storia che ricordavo solo a flash.
Non sapevo che anche tu sei stata vittima di bullismo.Molte volte è vero che le ragazze sono più cattive nel prendere in giro le altre dal punto di vista estetico. Mia sorella fu presa in giro parecchio per questo e ora è una bellissima ragazza. Una novità: sta lavorando anche lei sul blog 😀
Tra poco verremo a Milano precisamente verso l’8 dicembre e mi piacerebbe veramente incontrarti!
Un abbraccio
Mary
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Grazie a tutt* quell* che mi sostengono e che hanno commentato:)
Un abbraccio a tutt*:)
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Ho rimosso gran parte degli anni delle medie e due vacanze studio per questa stessa ragione: bullismo. Non ero figa, non ero femminile, mi vestivo coi maglioni vecchi e sformati di mia madre ed i jeans larghi e dritti, conoscevo molte più cose della media delle persone, avevo una personalità spiccata. Fatico a ripensarci anche oggi e molte cose non me le ricordo proprio, ho voluto così fortemente dimenticarmene che nemmeno se mi sforzo mi vengono in mente.
Avevo delle amicizie, ma non feci mai loro cenno di queste cose. Ne parlavo a fatica anche a casa. Mi vergognavo, in poche parole, perché temevo che anche loro avrebbero dato ragione a tutti quelli che mi prendevano in giro e mi avrebbero scantonata.
Ricordo però la mia prof di lettere alle medie e poi la group leader in vacanza studio dire a mia madre e poi a me che se volevo evitare le persecuzioni e gli sguardi di odio dovevo contenere la mia personalità, confondermi il più possibile con lo sfondo. In sostanza, rendermi invisibile.
E ricordo anche a quante volte pensavo a scappare, quante volte pensavo al suicidio.
Al liceo andò meglio perché nonostante non fossi nel gruppo “figo” della mia classe l’ambiente era decisamente meno provinciale e, soprattutto, essere intelligenti ed avere interessi culturali era non solo un pregio, ma una conditio sine qua non. Tuttavia il lascito delle scuole medie e di quelle vacanze hanno fatto sì che non fossi quasi mai interamente me stessa, tranne con un paio di persone, che avessi paura di me, temessi continuamente il rifiuto.
Figurarsi che io, che sono una chiacchierona ed una casinista epica, ero ritenuta una persona silenziosa e tranquilla!
Ho riconquistato me stessa e capito anche che non sono niente affatto male come persona solo tre anni fa, quando ho conosciuto delle persone che mi hanno fatto capire che io non ho niente di sbagliato, di fuori posto e di cui vergognarmi.
Soffro ancora di quelli che sono evidentemente depressione e disturbo evitante della personalità, anche perché durante l’adolescenza si sono sommate, alle conseguenze del bullismo subito, tutta una serie di problematiche altre. Insomma, la strada è ancora lunga.
Grazie per il tuo post.
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Io veramente non capisco, la tua storia è triste ma considera le tue fortune, hai la salute, due genitori, un percorso di studi e un fidanzato, tira fuori gli attributi, non piangerti addosso, lotta per cambiare le cose, sarà perché ho un ego smisurato ma non li capisco i depressi e ne ho avuti di problemi nella mia vita, ben peggiori dei tuoi ma ho lottato, tiravo fuori la grinta, intimidivo chiunque, non stavo a casa a piangere e a tagliarmi, non permetto a nessuno di farmi stare male.Come si puó pensare al suicidio quando ci sono persone che malate si aggrappano alla vita con tutte se stesse, per questo provo rabbia per i depressi, perché si creano problemi che potrebbero essere affrontati e risolti, ammiro invece chi nonostante i mille problemi sorride alla vita, archivia il dolore e va avanti, non tutti siamo forti ma tutti dovremmo esserlo, specie quando si tratta di motivi futili, non si parla di problemi di salute o stragi in famiglia, tu fai la bulla con me?Io ti ignoro completamente, dici che sono grassa e pelosa?Chi se ne frega, mi butti lo zaino fuori dalla finestra?Primo ti becchi uno schiaffo, secondo faccio lo stesso con te, terzo raccolgo prove del maltrattamento e parlo con chi di dovere, dai professori, se non ascoltano il/la preside, se non ascolta con i propri genitori o genitori dei bulli, se non ascoltano provveditorato agli studi e se non ascoltano forze dell’ordine, se non ascoltano neanche loro un tipo particolarmente grosso a pago si trova sempre, poi vedi se non gli passa la voglia.La vittima preferita del bullo è chi si offende, chi se la prende, chi non reagisce, chi si chiude in se stesso, se li ignori o li pigli a calci in culo cambiano vittima, se tutti reagissero così sarebbero senza vittime.I problemi sono altri, tiriamo fuori un po’ di palle e non facciamoci mettere i piedi in testa.
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Precisiamo che io non sto a casa a piangere e tagliarmi. Io studio, esco con gli amici, scrivo sul blog e ho un sacco di occupazioni.Mi fai passare come un’egoista e nemmeno come una vittima. Probabilmente tu non hai subito per fortuna quello che ho passato io, vessata da tutti causandomi un forte abbasso dell’autostima. La violenza è un cosa vergognosa che va condannata perché causa serie ripercussioni sul vissuto della vittima. Io so che c’è gente che ha problemi di salute e che ha problemi maggiori dei miei perché li ho intorno anche tra parenti, non sto certo mica sottovalutando i problemi degli altri. Ognuno ha le proprie sofferenze, non significa che visto che c’è chi sta peggio di me devo sentirmi una sorta di privilegiata. Ringrazio ogni giorno al cielo per la salute, anche se io non godo di ottima salute come tu credi anche se c’è gente che sta peggio di me.
Sembra che tu mi stia colpevolizzando. Sai quante volte parlai con i professori e quante volte hanno detto che ero io quella che provocavo?
Ma è facile giudicare quando non si hanno avute esperienze simili:(
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Geeno, scusami, ma ho l’impressione che tu stia parlando di ció che non conosci (ben, sono contenta per te che tu non ci sia passato).
Io invece ci sono passata in pieno sono stata vittima di bullismo da parte dei miei compagni di scuola (per lo piú maschi) e ho avuto dei genitori non proprio supportivi, diciamo che usavano con me le stesse modalitá espressive dei miei bulli. Il motivo principale delle loro derisioni era, anche qui, il mio aspetto estetico non propriamente femminile ed ammiccante, anche se probabilmente avevano sondato la mia debolezza dovuta ad una situazione familire difficile.
Credo perció di poterti fornire un paio di precisazioni.
Prima di tutto, il bullismo avviene di solito nell’infanzia/adolescenza. A quell’etá sei piú fragile, non hai sviluppato la maturitá e la forza per affrontare il mondo con pacatezza, serenitá, ‘palle’, come dici tu.
Hai ancora bisogno di svilupparti emotivamente ed affettivamente, avresti bisogno di persone che ti ascoltano, invece di sentirti dire ogni santo giorno che fai schifo.
Quando ti insultano ogni giorno, ti picchiano e ti danneggiano le tue cose con metodica cattiveria, dopo un po’ crolli. Non ho picchiato i miei bulli, perché la mia forza fisica é scarsa. Si riesce a distruggere anche un adulto al lavoro tramite mobbing, figuriamoci un ragazzino.
Secondo, molti di noi che abbiamo subito mobbing non é che ci piangiamo addosso. Io non conosco Mary personalmente, ma non mi sembra una che si piange addosso. È una che si é data da fare e ha, ad esempio, costruito uno dei blog piú importanti in circolazione sulle questioni di genere.
Io ho pianto molto, ma ho superato tutti i miei studi col massimo dei voti, lavorato duro, preso un PhD, mi sono fatta una vita soddisfacente all’estero, senza praticamente l’aiuto di nessuno, sono diventata una persona forte ed indipendente, peró le cicatrici delle mie ferite sono lí, e ogni tanto pulsano.
Non venire a dirci che ci piangiamo addosso. Siamo esseri umani, con le nostre fragilitá, e facciamo quello che possiamo. Poi, qualcuno é piú forte, qualcuno lo é di meno. Allora, chi é piú mite, piú debole, piú tranquillo, deve essere massacrato/a da qualche deficiente che non ha niente di meglio nella sua vita? che discorsi sono?
Non ha diritto ad essere difeso/a? Non vedi che stai difendendo l’indifendibile operato dei bulli con le tue affermazioni? Poi questa gente cresce e continua a pensare che puó comportarsi in modo strafottente con chiunque, perché tanto nessuno li riprende, anzi vengono quasi giustificati.
e qui arrivo all’ultimo punto: dove sono le persone piú forti, i giusti, gli adulti, in tutto questo? Io andavo bene a scuola e stavo simpatica agli insegnanti, ma nessuno di loro mi ha difeso dai bulli. I miei insegnanti avrebbero potuto difendermi, ma forse non volevano avere piú problemi di quelli che giá avevano con certa gente.
Qui c’é la necessitá di educare gli educatori a risolvere queste situazioni.
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Aggiungo a quanto detto dalle altre persone che, come succede spesso anche coi disturbi alimentari, è facile fare discorsi del genere. E che chiunque soffra di depressione o abbia disturbi del comportamento non gravi sa, nei momenti di lucidità, che sta benissimo e che c’è di molto peggio al mondo, ma nelle fasi acute del disturbo ce ne si lascia semplicemente sopraffare.
E in certi ambienti e a certe età questo è più semplice, perché la personalità non è del tutto formata e perché è pertanto fondamentale l’adeguato sostegno da parte di chi circonda. E se anzi chi ti circonda minimizza il tuo disagio, perché “hai mica una malattia grave”, è anche peggio. Vero, verissimo, ma non sono queste le parole e gli argomenti per far sì che qualcuno migliori la sua situazione. E’ come dire “mangia, su” ad una persona che soffre di anoressia.
Non dico che chi non ha mai attraversato un particolare disturbo non sia autorizzato a parlarne, ma che semplicemente stia ben attent* alle argomentazioni che porta, perché quello che è ovvio e razionalmente sensato per chi è “san*” non risulta tale per chi soffre di depressione, ha un tracollo nervoso, medita il suicidio o quant’altro vi possa venire in mente.
Che poi io sono la prima, anche per esperienza personale, a dire che la fase di “guarigione” debba partire unicamente dalla persona affetta dal disturbo, poiché se questa non è cosciente della propria situazione c’è poco da fare. Ma se nessun* attorno a te nota che c’è qualcosa che non va e con delicatezza fa qualcosa per farti capire che non sei da sol*, o che quantomeno comprende o si sta sforzando di capire che succede, è dura.
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A leggere il tuo commento mi viene da chiedermi se hai letto lo stesso articolo che ho letto io.. Parli di forza, parli di azioni che sono chiaramente frutto di una riflessione più adulta, ma sembra che tu dimentichi l’età di chi ha subito questi soprusi. A 13 anni la stragrande maggioranza degli adolescenti non è sicura di sè, sia perché la personalità è ancora un processo in divenire, sia perché il tuo corpo cambia in modo improvviso. Se a questo disorientamento interiore aggiungi voci esterne che ti dicono quanto tu faccia schifo, beh, puoi dedurre da sol* come l’autostima non ne riceverà benefici. È facile spronare a essere forti quando non si ha idea di quello che passa nella testa della persona che ci sta davanti, non tutti riusciamo a tirare fuori le palle: come avrei potuto tirare fuori le palle davanti a un compagno di classe parecchio più alto di me che con uno schiaffo mi avrebbe fatto volare dall’altra parte della classe? Ed è anche facile dire “avresti dovuto andare a parlare con un professore”, peccato che (ammesso che il bullo venga effettivamente ripreso e non venga incolpata la vittima come nel caso del post) questo comportamento spesso scatena un inasprimento delle molestie. La verità è che bisogna smettere di giustificare l’atteggiamento del bullo (perché questa non è niente meno che una giustificazione: non reagisci, subisci? allora è colpa tua.), bisogna andare a monte del problema e insegnare ai figli che atteggiamenti come questi sono profondamente sbagliati. “i depressi [..] si creano problemi che potrebbero essere affrontati e risolti” questa probabilmente è la frase che mi ha fatto incazzare di più di tutto il tuo commento: non sono i depressi che si creano i problemi, sono le teste di cazzo che prendono in giro e picchiano a creare problemi, a creare i depressi
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Scusa per la risposta tardiva, tu parli così perché probabilmente hai un’autostima solida, e mi fa piacere per te che sia così. Difficilmente un adolescente ha un’autostima altrettanto solida. Se poi l’adolescente in questione è escluso dal gruppo, per motivi futili, allora l’autostima solida non se la farà mai. Io ci ho messo 40 anni, 9 mesi di psicoterapia individuale e tre cicli di psicoterapia di gruppo.
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Da madre, con un figlio che alle elementari è vittima di bullismo perché la sua migliore amica è una bambina (o vi fidanzate o sei gay – hanno reagito maschi e femmine) mi sono rivolta ad uno psicologo dell’età evolutiva. Mio figlio segue una terapia di sostegno, adesso, ma lo psicologo sostiene che lui non può fare nulla per mio figlio, perché queste sono dinamiche di gruppo e si dovrebbe agire sul gruppo classe, e ad agire dovrebbero essere le insegnanti, che gestiscono la classe. Cosa fanno le insegnanti? Brancolano nel panico. “ci sono dei bambini cattivi” hanno miagolato, quando le ho messe di fronte alle loro responsabilità. Lo psicologo mi dice che non devo affrontare i genitori dei bambini più aggressivi, che dovrebbero essere le “figure autorevoli nonché testimoni” della situazione a farlo, cioè le insegnanti. Che ancora non hanno convocato nessuno, Lo faremo, hanno detto. Intanto hanno comunicato alla rappresentante dei genitori che “ci sono dei problemi di aggressività”. Hanno paura, le insegnanti, questa è la verità. Hanno paura del confronto, hanno paura delle reazioni, hanno paura di affrontare una situazione diversa da quella “va tutto bene signora, il bambino potrebbe impegnarsi di più, controlla in quaderni?” Non hanno né le competenze nè il nerbo per affrontare la situazione. E noi genitori? Impotenti, se si ascolta il verbo della psicologia…Un vicolo cieco, La disperazionee di abbracciare la sera tuo figlio che piange e mormorare un “andrà meglio” al quale non credi affatto. Tanta voglia di gridare, tanta voglia di reagire con rabbia, anche se tutti ti dicono che non servirebbe. Forse un giorno finirò col provarci comunque. Tanto null’altro sembra servire… Non è tutto nero. Ho cercato e trovato una splendida alternativa a questo mondo scuola così degradato: lo sport. Un bravo allenatore, una squadra affiatata, baambini lodati a Rimini alla fiera dello sport “per il comportamento corretto in campo e per lo spirito di squadra”. Lì mio figlio è felice: sa che non esistono solo dinamiche di gruppo malate. E che la colpa non è sua. E’ quella classe che non va… è chi è in cattedra, dico io. I bambini non sono cattivi: li cresciamo nella cattiveria…
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Mi fa paura questa logica del branco. E’ pericolosissimo. la divisione che in italia c’e’ tra uomini e’ donne e’ talmente netta che una femmina e’ percepita o come
moglie (ocompagna) o come oggetto sessuale. Non ne usciamo da qui. Per non parlare di tutti quei “bulli” che si semtono autorizzati a molestare le ragazze per dimostrare di essere etero. Da qui nasce la cultura dello stupro: “per non dimostrare che sono gay, ci provo con quella ragazza”. Poi scattano le logiche che se lei non accetta l’uomo di sente ferito nella virilita’ e scattano tutte quelle conseguenze che sappiamo. E’ terribile che i bambini imparano cosi’ presto. Urge una cultura del rispetto di genere che gli adulti ignorano, urge una cultura contro il bullismo che va da se’ e’ quasi spesso a sfondo sessista, omofobo e razzista…e spesso purtroppo gli adulti tendono a legittimare.
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No, non ne usciamo se è questo che insegnano sin dalle elementari…Maschi e femmine non giocano insieme: è questo il modo in cui questa società costruisce l’identità sessuale? Io sono avvilita…
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Avrei tantissime cose da scrivere ma in questo momento i pensieri si accalcano nella mia mente con rabbia creando solo il caos… sono schifata dall’indifferenza e dalla superficialità.. un abbraccio grande a te…
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Capisco perfettamente di cosa parli, ho subito bullismo anche io, meno violenza fisica della tua, ma tantissima violenza psicologica (da maschi e femmine). Non credevo fossiamo così tante.
“Quello che non uccide fortifica” è maledettamente vero.
Ti sono vicina e ti abbraccio
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La tua storia è forte, esattamente come te! Durante tutta la storia mi sono sempre chiesta come hai fatto a non impazzire del tutto e ti ammiro per questo. Anche io era una ragazza timida, poco loquace e molto ingenua e ne ho passate di tutti i colori come te, so cosa si prova e so quali sono le conseguenze di queste violenze. Il tuo calvario è stato anche il mio e ti ringrazio per aver condiviso la tua storia. Mi hai fatto sentire meno sola.
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[…] Molti ricordano il periodo passato fra i banchi di scuola con nostalgia, ma non sempre è così. Spesso infatti si è vittime di discriminazioni o di bullismo di vario genere, come già ci ha raccontato Mary : Io con i pantaloni azzurri. […]
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Grazie Mary per aver condiviso questa pesante e difficile esperienza. Ci ritrovo un po’ di me, perché purtroppo ho vissuto cose simili.
Accettarla ed iniziare ad elaborarla non è stato per niente facile, visto che per anni l’ho negata ed ero quasi arrivata a rimuoverla, ma col passare del tempo le cose vanno meglio. Tuttavia, come ben saprai, le ricadute e l’onnipresente – a volte nascosto, a volte in superficie – senso di inadeguatezza non mancano, ma sto imparando a fronteggiarle.
Grazie per quello che fai : )
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[…] Molti ricordano il periodo passato fra i banchi di scuola con nostalgia, ma non sempre è così. Spesso infatti si è vittime di discriminazioni o di bullismo di vario genere, come già ci ha raccontato Mary : Io con i pantaloni azzurri. […]
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